Vediamo subito che nel Fotocartografo la osservazione avviene attra-
verso un vetro smerigliato, il quale raccoglie la immagine proiettata. E'
cosi possibile all'operatore disporsi in corrispondenza del prolungamento
dei raggi omologhi emergenti dalle camere conseguendo il massimo di
illuminazione della immagine e la migliore posizione per la verifica della
parallasse, poiché sia che essa avvenga con il sistema del brillamento op-
pure con il dispositivo per la visione stereoscopica di cui eé stato fatto
cenno, la osservazione avviene sempre sulla retta di intersezione col
piano dello schermo del piano nucleare considerato, quindi nelle migliori
condizioni ottiche e geometriche.
Negli altri strumenti basati sullo stesso principio, l'osservazione av-
viene per riflessione e col sistema degli anaglifi, con conseguente perdita
di luce, colorazione fastidiosa ed osservazione precaria sul piano di rac-
colta delle immagini proiettate
Ma la differenza piàü importante é costituita dal metodo usato per la
ricostruzione del modello ottico e per il suo orientamento assoluto. Queste
operazioni si svolgono contemporaneamente a mezzo del sistema degli
schermetti disposti preventivamente in corrispondenza della posizione dei
punti noti del terreno, nello spazio riservato alla formazione del modello.
Negli altri restitutori dello stesso principio invece si é trascurata la
possibilità concessa dalla proiezione ottica diretta, di poter proiettare con-
temporaneamente l'intero fotogramma o meglio l'intero fascio immagini
che generó la fotografia, ritenendo ció superfluo ai fini della ricostruzione
del modello ottico a mezzo del metodo del doppio rilevamento nello spazio
mediante l'annullamento della parallassi di altezza. Nel Fotocartografo
Nistri al contrario, si é sfruttata questa possibilità per avere la visione
simultanea della coincidenza dei punti immagini proiettati, con i loro cor-
rispondenti rappresentati dalle marche singole degli schermetti ausiliari,
onde si puó raggiungere contemporaneamente la visione sintetica ed ana-
litica delle trasformazioni proiettive che deve subire il poligono proiettato
per diventare uguale a quello formato dai punti noti del terreno.
In tal modo, come la pratica ormai trentennale ha dimostrato, il mo-
dello ottico viene formato ed inquadrato in modo perfetto, a forte ingran-
dimento oggettivo e reale sui punti noti del terreno; i circoletti di diffu-
sione dei raggi omologhi dovuti alla dimensione della grana della gelatina,
al trascinamento della immagine e ad ogni altro motivo, ivi compreso
quello derivante dalla proiezione a distanza finita (che assorbe larga-
mente i limiti delle quote estreme del modello ottico nella generalità dei
casi) si fondono armonicamente nella posizione spaziale ad essi assegnata
nella ricostruzione del modello ottico e la identificazione di questa posi-
zione spaziale risulta agevole, sicura e precisa.
La mia antica preferenza per il metodo della doppia proiezione ottica
diretta non ha tratto conforto solamente da una lunga esperienza, ma da
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