CAPO.,X11
CHIMICI ITALIANI DALLA FINE DEL XVIII
ALLA META DEL XIX SECOLO
L 6 novembre 1801, come abbiamo visto, Napoleone ticeveva
solennemente al Palazzo delle ‘Tuileries Alessandro Volta, venuto
. a presentargli un esemplare della pila. Il Primo Console, dopo
aver calorosamente felicitato il fisico per la sua scoperta, rivolgen-
dosi a Luigi Valentino Brugnatelli, che accompagnava Volta, gli
chiese quale cattedra occupasse a Pavia, e, appreso che era quella
di chimica, commentò: « En Italie on n’est pas si fort en chimie
comme en physique». Affermazione certo non gradita al Brugnatelli,
il quale ben sapeva quanto essa fosse ingiusta. Napoleone dimen-
ticava che Volta era anche chimico, e che in questa qualità gli si
dovevano le scoperte del metano e di quella legge sopra la dilata-
zione dei gas che poi fu a torto esclusivamente attribuita a Gay
Lussac. Inoltre le ricetche di Brugnatelli erano note e largamente
apprezzate non solo in Italia, ma in Francia.
Che in Italia poco si fosse fatto, o si facesse, nel campo chimico
era del tutto inesatto. Già nella seconda metà del Settecento, stretta-
mente legati all’opera di Lavoisier, di cui furono in parte precutsoti,
troviamo i nomi di Giovan Battista Beccaria, di Marsilio Landriani
c di Felice Fontana.
Giovan Battista Beccaria venne ripetutamente citato da Lavoisier pet
essere stato il primo a dimostrare che i metalli durante la calcinazione
crescono di peso a spese dell’aria: difatti ne aveva avuta notizia da
lettera in data 12 novembre 1774. Beccaria aveva già del resto segna-
lato, fin dal 1756, che le calci metalliche, sotto l° influenza della scintilla
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