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a Como, nell’abside di San Fedele, i bei capitelli stupenda-
mente imitati dal corinzio, con foglie dalle fibre incavate e
con eleganti caulicoli; a Como pure, nel Museo Civico, in
una lastra marmorea della fine del secolo XII, Sansone in
atto di sbranare il leone (fig. 125), studiato dall’antico, spe-
cialmente nella clamide a guisa di vela gonfia, e derivato,
come tante altre rappresentazioni, consuete nell’età romanica,
da un prototipo de’ bassi tempi, simile all’ Ercole, nel Museo
Archeologico di Brescia, a cavallo del leone che sbrana.
A Milano, nel Museo Archeologico, con la semplice in-
dicazione della provenienza: COMO, è un frammento mar-
moreo, con un pastore che appoggia il mento alle mani, fra
teste d’ariete che sembrano tratte dall’angolo d’un antico
sarcofago (fig. 126). A Cremona, nel fianco sinistro della cat-
tedrale, in alto si vedono entro due nicchie l’angelo e l’Annun-
ziata, questa avvolta nel peplo come una Pudicitia (fig. 127),
con la mano posata delicatamente sul petto. Ma quando, verso
la fine del secolo XII, si scolpiva quella statua, l’arte, già pa-
drona de’ suoi mezzi, poteva tradurre l’antico a proprio talento,
se lo trovava nelle vicinanze; così come fece l’Antelami,
quando, dalla faccia laterale d’un sarcofago, trasse e ri-
produsse con la sua potente energia lo stupendo grifone che
adorna la facciata di Borgo San Donnino (fig. 128).
In generale però l’antico non abbondava nell’Italia set-
tentrionale, e l’artista con più libertà tradusse il suo mondo,
e raccontò de’ sogni delle moltitudini e delle leggende popo-
lari. L’antico gli serve più a perfezionare i mezzi tecnici
che a rendere immagini d’altri tempi, lontani dalla sua
vita; e gli basta perciò di accennare qua e là, quasi di stra-
foro, a’ suoi esemplari, ai materiali della sua bottega. Aveva
troppa vita in sè per ridursi a stampare: il sentimento antico
trasfigurato nella sua coscienza lo trasportava, oltre i segni
d’un’arte defunta, alla ricerca della verità, dell’espressione
individuale, della bellezza.