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- milanese del tempo. E il re Sant’ Erico, morto nel 1160, si
_- conformò al costume romano (more romano) per fabbricare
e la prima cattedrale d’Upsala.'
ln Queste notizie, mentre ci confermano nell’opinione della
| DN grande diffusione dell’architettura lombarda, specialmente al
o, principio del secolo XI, non sono sufficienti a illustrare il rin-
rai novamento, l’ardore improvviso di vita giovanile che Raoul
a Glaber attestava, guardando il mondo spogliarsi della vec-
rane chiaia e vestirsi come di una candida veste ecclesiastica. Dal
ata vecchio tronco della romanità erano spuntate nuove radici,
fave che solo più tardi del Mille potremo riconoscere nel loro
lin cammino attraverso le terre, quando esse portano al tronco
le linfe assorbite ne’ paesi lontani. In iscambio de’ maestri
Om usciti d’Italia, che concorsero alla formazione dell’arte nor-
"1 che manna, altri ci vennero poi d’oltralpe a recarci nuove forme,
sud- le lombarde stesse appieno trasformate per gl’innesti subiti
i In dagli abili cultori.
nico Nell’anima delle arti romanze vivrà l’antico: resteranno
È Cro- le reminiscenze delle classiche forme degli archi di trionfo,
| mo- delle terme, dei teatri, dei fòri, si rispecchieranno le forme
è {Ul rustiche romane provinciali, le stele de’ legionarî, come i sar-
rai, cofagi de’ bassi tempi e de’ cristiani primitivi; ma l’aspetto
1ardo delle arti belle sarà mutato e vario, per la tendenza degli
gi elementi indigeni a comporsi in forme nazionali, così come
gigi le lingue d’oc e d’oil saranno differenti dal linguaggio «del
a bel paese 1à dove il sì suona». Dopo il Mille le arti romanze
nza cercano l’adattamento al paese, all’aria, alla luce, libere dalle
formule e dai moduli. Eredi della latinità, che ricevettero vec-
dd chia, decadente, diruta, le arti dei popoli rifatti per gli etnici
[agi contatti e rinnovati dal cristianesimo, si provano a trasfor-
marla giovane e forte e bella. Ma dal Mille al principio del
secolo XII, come non appaiono se non gli accenni del for-
marsi de’ linguaggi romanzi, così appena si vede nelle arti
I HopgE, Histoire de l’architecture, pag. 210 e 231.