— 400 —
A c. 133 v., nel libro XXXII del Digesto, che contiene
il titolo terzo De legatis et fideicommissis, la rappresentazione
ha per soggetto il primo frammento di Ulpiano, .S7 znce7rtus
quis sit captivus, ecc., nel quale è espresso il divieto di te-
stare a chi è in dubbio stato, o per errore di diritto, o per
errore di fatto. La miniatura (fig. 439) ci presenta un notaio
il quale spiega a quattro militi, come il prigioniero, che si
vede a destra dietro la grata di un carcere, non possa far
testamento.
Infine il libro XXXV del Digesto, Ad legem falcidiam,
è ornato d’una miniatura (c. 220 r) che vuol rendere il con-
cetto della legge, la quale stabilisce che delle quattro parti
componenti un’eredità, una debba esser data all’erede e tre
ai legatarî: un giudice consegna all’erede la parte che gli
tocca, e il resto ai tre legatarî, che simboleggiano le tre parti
disponibili (fig. 440).
Lo sforzo di dar figura a concetti legali; a schierare
uomini e cose a illustrazione di formule giuridiche, dovette
essere enorme; e par quasi che il miniatore sfogasse il trat-
tenuto talento inventivo ne’ margini e ne’ vuoti, mettendo
figure senza significato sui fusti di canna delle piante e sulle
foglie arcuate. Animali strani, figure ignude e rustici si ve-
donò ‘a piè “della pagina a Cc. 133 v. (fio. 441), mentre in
quella 220 r. ancora (fig. 442) il miniatore simboleggia la divi-
sione voluta dalla legge, ma liberamente, a modo suo: la Giu-
stizia nel mezzo regge due lance, alla sua destra quattro per-
sone che rappresentano le quattro parti dell’asse ereditario, tre
altre alla sinistra significanti le porzioni spettanti ai legatarì.
Ma quasi che si stancasse di star ligio al testo, raffigurò cose
che non hanno a che fare con esso: due cavalieri entro tondi,
bestie, animali fantastici.
Con questo codice hanno particolare relazione le Decre-
tali di Gregorio IX con glosse di Giovanni Spagnuolo, nella
Biblioteca capitolare del duomo di Piacenza (fig. 443 e 444),