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durare gran tempo, se Alessandro IV soltanto nella Domenica
delle Palme dell’anno 1256 consacrava l’altar maggiore. *
Come antenne di navi, in gran parte distrutte dell’età
romanica in Roma, sono rimasti molti campanili, de’ quali ci
fornisce un tipico esempio quello di San Giorgio in Velabro
(fig. 706) insieme con quelli di Santa Francesca Romana, di
Santa Maria in Trastevere e di Santa Maria i Cosmedin. La
costruzione del penultimo è assegnata a Innocenzo Il (1130-
1143), che fece ricostruire la chiesa e comporre il musaico
dell’abside. È in muratura regolare di mattoni, comprese le
cornici dei diversi piani, munite di piccoli medaglioni di
marmo, come d’una bianca dentatura, e sono ornati da dischi
di porfido e di serpentino. Sono pure di marmo bianco le
colonne e i capitelli mensoliformi delle finestre bifore. Nelle
cornici tra mensola e mensola sporgono mattoni ad angolo
acuto, ora a M, ora con altri mattoni a bisettrice, come nel
campanile di San Giorgio in Velabro, e sopra e sotto le
mensole corrono altri mattoni a denti di sega, racchiusi tra
due fasce piane, volti nella superiore in un senso e nell’in-
feriore in senso contrario, come due parti disgiunte di ops
spicatum. Altra volta i mattoni si volgono a destra obliqua-
mente, e a sinistra, partendo dal centro, come nel campanile
di Santa Cecilia e nella trabeazione, stesa su pilastri e terzi
di colonne simulanti un portico, della casa detta di Cola di
Rienzo. Il campanile della basilica dei Santi Giovanni e Paolo
è più ornato degli altri, a croci e a tondi di serpentino e di por-
fido, qualche volta con pezzi ricavati da colonne, a cui non fu
tolta la curva cilindrica, ed anche da scodelle di ceramica
orientale, come nel campanile di Santa Francesca Romana.
I FORCELLA, SJscrizioni delle chiese di Roma, X, pag. 6. L'’iscrizione che ricorda la
konsacrazione dell’altar maggiore è ora perduta. Così quella riportata dal Martinelli non
esiste più.