— 211 —
corra per la persona, ed un velo le appanni lo sguardo. I due
angioli portatorcia guardano al gruppo divino, l’uno spalan-
cando gli occhi sotto le contratte sopracciglia, l’altro chi-
nando dolcemente la testa. In quella figura è tutto lo spirito
di Giovanni Pisano, e quando finisce e accarezza la testa del
Bambino, e quando scalpella d’un tratto, bruscamente, con
un colpo, un addentramento delle vesti, un ripiegamento di
un'’orlatura, una fossetta nelle carni. Il gruppo era policro-
mico, e ancora gli angioli mostrano le tracce della colori-
tura ne’ ricami dei larghi orli delle tuniche, e la Vergine in
qualche tocco d’azzurro e d’oro. Si nota pure in quelle statue
una particolarità propria di Giovanni: l’uso di segnare tonde
infossature all’origine delle dita delle mani.
Questo tipo delle Madonne del Pisano non si riscontra
compiutamente nell’avorio della sagrestia del duomo di Pisa
(fig. 144), frammento d’un tabernacolo eseguito nel 1299.° La
materia che faceva difetto spinse lo scultore maggiormente
verso i modelli francesi nel forte arcuarsi del corpo della
Vergine, nel restringersi delle sue proporzioni, nell’accor-
ciarsi delle spalle e del busto della figura, nel cader rigido
delle pieghe, tirate come da un peso. Ma se la zanna d’avorio
trattenne il maestro, lo forzò a limitare, a ridurre le sue
forme a quel modo, pure, tenuto conto di quelle forzate ridu-
zioni, la statuetta parrà propria del nostro scultore. Non
così la Madonna sulla porta della cattedrale di Orvieto, in-
dicata come di Giovanni Pisano, e della quale parleremo più
innanzi.
La Madonna della cappella degli Scrovegni a Padova fu
eseguita verso il 1305.* Contemporaneamente, lo scultore
dovette eseguire la statua di Enrico Scrovegno, ora nella
sagrestia della chiesa della Madonna dell’Arena (fig. 145), un
ano tempo forse dentro una nicchia, là dove si trova il monu-
1 SureINO, op. cit.
2 ANDREA MoscHETTI, La cappella degli Scrovegno e gli affreschi di Giotto
in essa dipinti, Firenze, Alinari, 1904.