strorum lapidum. Probabilmente quel maestro dalle figure
lunghe, scarnificate è l’autore del pulpito di San Michele
in Borgo, del quale ivi si conservano alcuni archi con Pro-
feti ne’ pennacchi, e nel Duomo di Pisa quattro scomparti-
menti del pulpito stesso (figg. 153-158). Quel maestro tra-
fora, cerca la forza degli scuri, riduce le figure a stalagmiti
o a stalattiti sui fondi marmorei. Di lui v’è traccia anche
nel Camposanto, in un frammento di Cristo sul sarcofago
con angioli ai lati e con Adamo ed Eva risorgenti dalle
tombe; e pure si potrebbe riconoscere ne’ due disseccati P7o-
feti alle estremità della prima galleria, nella facciata del
Duomo pisano.
Abbiamo già detto che tra specchio e specchio nel pulpito
stavano collocati diversi gruppi; uno di essi, con San Paolo
avvolto grandiosamente nel manto frangiato, e con altri due
Apostoli, è certamente della mano propria di Giovanni, e
così il gruppo di due Profeti, mentre l’altro di Cristo sulla
croce è opera del suo seguace. A Giovanni stesso può ascri-
versi il leggio di Berlino (fig. 159); l’arcata, già sottoposta
agli specchi con le storie sacre, ora nel Museo civico di Pisa,
con Profeti ne’ pennacchi, fiancheggiata da un angiolo recante
una palma e da una donna recante un cartello. Quei Profeti
ritengono ancora delle forme paterne, de’ barbuti, solenni e
entusiasti senatori del cielo che Nicola collocò ne’ suoi pul-
piti; mentre quella donna col cartello richiama la Vergine
della porta del Battistero, ed ha come in questa cerchietti
ed infossature alla base delle dita. A Pisa, nel Museo civico,
vi sono pure due .Szibzile, che stavano tra arco e arco, tutte
di Giovanni, come le altre due corrispondenti di Berlino
(figg. 160 e 161); e un Profeta dalla lunga barba e dalla testa
protesa. Gli altri frammenti di quel Museo appartengono in
gran parte al seguace di lui, probabilmente a Bernardo caput
magistrorum lapidum, che esagerò le tendenze del maestro
nel far maceri, contorti e aggranchiati i corpi, scarse le vesti,
infossate e cadenti.
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