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All’entrata della cripta in San Domenico, tanto a destra
che a sinistra, si vedono altri due leoni reggenti altre colonne
del sarcofago; e nella terza cappella, a sinistra entrando, al
sommo dell’altare sta una Madonna col Bambino, che forse -
era prima più in alto, sotto la volta del baldacchino del ciù
mausoleo di Filippo di Taranto; la Madonna ha il tipo della i
regina della prima lastra descritta. Inoltre, nella cappella a a
sinistra dell’altar maggiore, vi è un capitello che forse appar- pe
tenne al monumento stesso. E infine nel Museo nazionale di ere
San Martino trovasi una Aadonna diademata col Bambino bai
acefalo, grandiosissima, che mostra ad evidenza i rapporti
di Tino con Giovanni Pisano. Accanto al gruppo colossale, ve
un altro di San Domenico che protegge presso la Vergine yo.
Giovanni di Durazzo, il quale, deposta la corona sul ginocchio
sollevato, s’inchina e prega. Questi due gruppi provengono i
da San Domenico, e sono opera degna di Tino, non statue ,
rozze, come ebbe a dichiararle il Bertaux. Di
Tali sono i sepolcri angioini lasciati a Napoli da Tino di i
Camaino, architetto e scultore ufficiale di re Roberto. Di lui
dovette pure vedersi il sepolcro di Matilde d’Acaia, o Mahaut i
d’Hainaut, fidanzata per forza a Giovanni di Durazzo, fra- fo
tello di re Roberto, infelicissima donna, morta ad Aversa so
nel 1331. Si può domandare se la sua imagine non debba rico- e
noscersi nella regina che stette nella chiesa de’ Carmelitani, o
ed ora è nel Museo nazionale di San Martino, creduta l’im- O
peratrice Margarita madre di Corradino. Già il Filangieri -
sospettò ch’essa sia di « maestro Dino da Siena o di Pacio E
e Giovanni », e non rappresenti l’augusta Donna orbata del i
figliuolo. Certo è che la scultura, tutta -policromica un tempo, £
appartiene alla bottega di Tino, non proprio interamente al y
maestro stesso, come le pieghe schiacciate e stentate della
vestimenta ci fanno ritenere.