Full text: La scultura del Trecento e le sue origini (4)

gliati © (uno dei quali [fig. 232] verosimilmente fu quello messo 
nel coro), certo della stessa mano, tutti e due appieno corri- 
spondenti a un altro crocefisso in San Francesco d’Orvieto, 
con forme che tornano a singolare riscontro con le marmoree 
della facciata, anche per certi drappi, come veli trasparenti, che 
coprono il corpo di Cristo dal mezzo in giù. Convien dunque 
pensare che la decorazione sia stata eseguita da Lorenzo Mai- 
tani e da’ suoi seguaci, principalmente da Nicola di Nuto mag- 
giore tra gli scultori del tempo a Orvieto. Lorenzo dovette dare 
i modelli d’ogni cosa, perchè non si spiegherebbe altrimenti 
la grande unità che informa tutti i bassorilievi delle quattro 
grandi stele marmoree. Nè valsero i maestri fiorentini accorsi 
ad Orvieto a rompere l’armonia del concetto e della forma 
delle composizioni. Tra quei maestri ve ne sono alcuni della 
scuola d’Andrea Pisano, uno tra gli altri che, nello scolpire 
le storie della Genesi nel campanile di Giotto a Firenze, 
mostra simiglianza con le sculture della facciata del Duomo 
d’Orvieto. Ed è Francesco di Talento, scultore e architetto, 
continuatore dell’opera di Andrea Pisano: il suo nome ricorre 
in un documento dell’archivio dell’opera di Orvieto in data 
del 14 dicembre 1325,” e insieme con quello d’altri maestri, 
come Pietro di Jacopo, pure discepolo d’Andrea Pisano, suo 
cooperatore nella porta in bronzo del « bel San Giovanni »; 
come Niccolò de Hlorentia, che potrebbe essere Niccolò de 
Beltrame, aiuto di Francesco di Talento nel campanile del 
Duomo di Firenze; e come maestro Cione, da identificarsi 
forse con l’artefice che, secondo il Vasari, fu padre d’Andrea 
Orcagna. 
Lorenzo Maitani, nella sua città natale e in Firenze nella 
bottega del grande scultore da Pontedera, cercò gli esecutori 
1 Uno dei crocefissi fu portato al Duomo dalla chiesa di Sant’Agostino (fig. 233). 
Notiamo che, oltre questi due crocefissi e un terzo in San Francesco d’Orvieto, 
avvene un quarto che corrisponde in qualche modo a tutti e tre, dai quali deriva, 
ed è quello che si vede in San Domenico, creduto lo stesso che parlò a San Tom- 
maso d’Aquino. 
2 Cfr. FumI, op. cit., doc..7/1 a pag. 49.
	        
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