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re
ya messa agli stessi orafi per l’altare del Duomo. Quantunque
TÀ di quest’opera non s’abbia alcun’altra notizia, i. documenti
ci avvertono che Nino Pisano, come il padre e il fratello
e Tommaso, praticò l’arte dell’orificeria.
n Infine, di due monumenti eseguiti da lui a Pisa si ha
vi qualche ricordo: uno fu quello del mercante Giovanni dell’A-
re gnello, * che assoggettata Pisa assunse il titolo di doge; l’altro,
L quello dell’arcivescovo Gian Francesco Scherlatti (+ 1362).
7 Del primo, già collocato all’esterno della chiesa di San Fran-
sa cesco presso la porta per cui andavasi al primo chiostro, non
si ha più traccia; del secondo rimangono il sarcofago e la
” figura giacente del prelato nella cappella Aulla del Cam-
ù posanto.
pe Trasportati questi frammenti del cenotafio dello Scher-
- latti dalla Primaziale nel Camposanto, insieme con altri della
- sepoltura dell’arcivescovo Francesco Moricotti (7 1394), av-
ni venne, secondo il Supino, uno scambio: e cioè, la « fronte del
_ sarcofago nella sepoltura Scherlatti fu posta in quella Mo-
O ricotti >». ° Ciò non corrisponde al vero, poichè ancora lo
i Scherlatti riposa sulla sua propria urna. Quella del Mori-
: cotti -è una posteriore imitazione delle forme lasciate da Nino
in eredità alla sua patria, ma con tanta libertà nel girare
delle pieghe delle vestimenta e nel largheggiare de’ piani,
i con tanta novità e varietà de’ tipi, con tanta pienezza delle
. figure ne’ compartimenti, da escludere assolutamente la mano
del nostro maestro e da riconoscervi invece quella d’un arte-
fice che s’appressava alla soglia del Quattrocento. L’urna
dello Scherlatti ci rende di Nino, figlio primogenito dell’Abi-
tudine, le forme consuete, i nuovi atteggiamenti, le pieghe
! La data del 1368, che è quella della caduta del tiranno, e pur quella della
morte dello scultore, fa pensare che il superbo signore di Pisa si facesse erigere vi-
vente il cenotafio. Fu posto, come scrive il Bonaini, all’esterno della chiesa di
San Francesco, presso alla. porta per la quale andavasi al primo chiostro. Fu ri-
tratto dal PoLLon1 nelle sue Vedute di Pisa e in una xilografia del 1783 di Ferdi-
nando Fambrini pisano.
2 SurINO, op. cit., pag. 229 e seg.
VENTURI, Stia dell’ Arte italiana, IV.
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