Full text: La scultura del Trecento e le sue origini (4)

SUO 
presentano a Erode ; nel mezzo s’inchinano al divin Bambino; 
a sinistra sono invitati nel sogno da un angiolo a non tornare 
da Erode. Qui è la divisione della leggenda sacra in tante 
scene, come già vedemmo principiata nell’età romanica. Scen- 
dono i Re Magi traverso i monti, tra i dirupi, seguìti da cor- 
tigiani, da cavalli e muli, e arrivano innanzi al sire orientale, 
a Erode assistito da lanzi. Giungono davanti alla maestà del 
Bambino, che non ha diadema, nè trono, nè coorte, avvolto da 
povertà, mentre le scogliere de’ monti par che s’abbassino per 
raccoglierne la culla; gli animali, il bue e l’asino lo scaldano; e 
nove angioli l’adorano, con suoni e canti lo festeggiano. A si- 
nistra, un angiolo scende con grande impeto tra le scogliere e 
invita i Re Magi alla partenza. Obbedienti all’ordine, essi sono 
montati già sui cavalli, e s’inoltrano, preceduti dai servi su 
camelli, per le erte vie dei monti. Ora notisi che in questi 
bassorilievi si ha un degradar dei piani e delle grandezze, 
come non si vede ne’ rilievi dell’arca di San Pietro Martire. 
Nonostante tal progresso, il metodo, la tecnica delle figure 
rimasero uguali; ma vanno mutando i tipi per il venir meno 
dell’eleganza e della nobiltà pisana. Coll’approssimarsi delle 
figure alla vita, esse perdono sempre più del fondamento 
classico dato loro da Nicola d’Apulia, e s’avvicinano alle 
nordiche rappresentazioni, agl’ intagli in legno de’ maestri del 
Settentrione. Per questo crediamo che la tavola marmorea 
debba ascriversi a un discepolo di Giovanni di Balduccio, 
anzi a uno degli aiuti suoi nell’arca di San Pietro Martire. 
In Sant’ Eustorgio si hanno altri esempî della diffusione 
dell’arte del maestro,’ nel monumento di Stefano I Visconti 
(+ 1337) e di Valentina Doria sua moglie (+ 1359), col sar- 
cofago retto da binate colonne a spira, e il baldacchino so- 
stenuto ugualmente da due coppie di colonne tortili (fig. 448). 
Sul sarcofago non si apre più la cella mortuaria, dove si ve- 
deva riposare il defunto; ma su una base formata da gradi e da 
’ CAFFI, Della chiesa di Sant Eustorgio in Milano. Milano. 1841, MONGERI, 
L’arte in Milano. Milano, 1872, pag. 53 e seg.
	        
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