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fece da mallevadore quando nel 1352 S’inscrisse tra i maestri
di pietra. ' Comunque sia, Andrea Orcagna continuò l’arte
del Pisano, i cui esemplari di tanta bellezza gli erano pre-
senti, i cui impulsi nell’arte fiorentina furon perpetui.
Nel 1359 l’Orcagna compì l’opera commessagli dagli
uomini della Compagnia d’Orsammichele, che avevano rac-
colto denari e beni dai divoti della loro Madonna dopo le
mortalità del 1348. « Essi risolverono », scrive il Vasari, « di
farle intorno una cappella, ovvero tabernacolo, non solo di
marmi in tutti i modi intagliati e d’altre pietre di pregio
ornatissimo, quanto più desiderare si potesse; intanto che
per opera e per materia avanzasse ogni altro lavoro insino
a quel dì per tanta grandezza stato fabbricato ». Sotto le volte
d’Orsammichele appare il tabernacolo (fig. 524), co’ suoi archi
adorni come di fine merletto, col padiglione di broccato che
avvolge l’imagine dipinta di Maria. Gli angioli venerano la
Divina, suonando, cantando estasiati; e sopra ai pilastri del
tiburio, lungo i fregi, sulle cuspidi (fig. 525), i Profeti, i Pa-
triarchi e i Beati intonano laudi alla Vergine delle vergini. Tra
il luccichio de’ musaici, il nitore de’ marmi e il fulgore dell’oro,
s’innalza il canto sacro. Tra i meandri gotici spuntano teste
dai calici de’ fiori e figure dai cespi di foglie, come nelle
opere bolognesi di minio; esse animano il regno vegetale
e avvivano la decorazione dell’augusto trono. Ai quattro
angoli del santuario s’innalzano, come torcie sempre ardenti,
i Serafini alati (fig. 526). Splendono le stelle lungo le colonne
tortili, ne’ broccati, nelle stole, nelle frange; il firmamento
splende sul baldacchino.
ll tabernacolo si compone d’una volta inscritta tra quattro
arcate e sormontata da una cupola centrale. Quattro pilastri
ottagoni sostengono le arcate. Nel basamento, su per l’al-
tare, su per l’edicola, svolgesi il poema della vita di Maria,
tra i cori delle Virtù e degli angioli.
1 MILANESI, Le Vite, 1, pag. 504, nota I.