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rgine stro che non fu estraneo alla decorazione del monumento di
:risto, Cangrande, ed ébbe parte principalissima nell’erezione del
. Una monumento di Mastino II.
i del- PRE
A Verona, che nell’età romanica vantò tanti scultori, nel
Trecento l’arte fu tributaria di Venezia e della Lombardia.
Continuano molti scalpellini nelle forme romaniche; e si può
vedere nel chiostro del Duomo una Madonna col Bambino,
San Benedetto e San Giacomo che presenta alla Vergine un
fanciullo, opera del maestro stesso che lavorò l’arca di Alberto
della Scala. Da questo maestro sino a quello che fece il sar-
cofago di Niccolò Cavalli (+ 1397), in Sant'Anastasia, e il pul-
pito in San Fermo con le statue della scena dell’ Annunciazione
(fig. 645), si rivedono le figure dalle facce tonde e larghe, che
nel periodo romanico distinguono l’arte veronese. E vedasi
ancora con la data MCCCLXXXXII l’opera d'uno scalpellino
informe nel Sun Provolo della chiesa di San Zeno. Forse
è di Giovanni di Rigino, che mal rappresenta con France-
schino di Rigino l’arte della città sua in un tempo così
progredito. A quel S's/ Provolo potrebbe associarsi la rozza
statua di San Bartolomeo, nel Museo civico veronese, già
nella chiesa di San Bartolomeo in Monte. Quanto di meglio
si conserva delle sculture trecentesche a Verona, manifesta
influsso o veneziano o lombardo: così il sarcofago di Fran-
cesco Bevilacqua (+ 1368) in Santa Teuteria (fig. 646), che è
nello stile dell’arca di Mastino Il, quello di Guglielmo da
Castelbarco (fig. 647), presso Sant'Anastasia, che richiama
ico di le forme del monumento di Cangrande della Scala.
oche Una certa abilità acquistarono i tagliapietra veronesi nello
a Ve- scolpire le arche dei Lettori. Si vede quella del legista Pel-
aglia- jacani circondato da tre uditori, nel chiostro di San Fermo,
i. Da ancora romanico per forma, come l’altra, lì presso, di un filo-
mino sofo e medico in atto di tener le mani su due libri aperti.
mae- Un altro consimile - monumento, più sviluppato, nella fac-