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Un altro orafo senese fece il calice donato da papa Ni-
colò IV al convento d’Assisi, recante l’iscrizione: NICCHO-
LAVS. PAPA . QVARTVS . | GVCCIVS MANAIE DE SENIS . FECIT.
È tutto rivestito di smalti translucidi, che sorpresero il Mo-
linier tanto da fargli chiedere se esso possa far fede che in
Italia il procedimento degli smalti translucidi non sia derivato
dalla Francia. Lasciando da parte tal questione, che trat-
teremo discorrendo delle arti minori connesse con la pittura,
conviene notare come nel calice di Assisi vi sia lo stesso
disegno di tutti i calici italiani numerosissimi del XIV e del
xv secolo: un piede con foglie che contornano medaglioni
dove sono busti d’A postoli e di Beati; un fusto alquanto corto
interrotto da un nodo sferico leggermente appiattito e arric-
chito da medaglioni smaltati; quindi anelli che legano il
fusto al piede e alla coppa in forma di mezzo ovo ornato
nel basso. Il confronto tra quello d’Assisi e gli altri calici
del Trecento c’insegna che, sin dalla fine del secolo XIII, si
erano determinate per i vasi sacri quelle forme, le ‘quali poi
divennero comuni.
Pacino e Guccio non sono i soli maestri che rappresen-
tino nobilmente la toreutica senese alla fine del Dugento.
V’è pure ricordo di Filippuccio, che nel 1273 eseguì gli
oggetti d’oreficeria presentati dalla città di Siena a Carlo
d’Angiò, alla Regina e ai principali signori della Corte."
Nel Trecento gli orafi senesi formano una serie gloriosa:
maestro Toro, che fu alla Corte d’Avignone dal 1307 al 1320;°
Ugolino di Vieri (1329-1357), l’autore del reliquiario del San-
tissimo Corporale a Orvieto, di cui parleremo in seguito; ?
Lando di Pietro (1310-40), che fece la corona per la incoro-
nazione di Enrico VII, fu a Napoli alla Corte di Re Roberto,
e venne richiamato dal Comune, che lo teneva in pregio,
1 MILANESI, Documenti cit., I.
2 DAVIDSOHN, Un orafo senese al servizio di papa Giovanni XX II, nell’anno 7320
(Bollettino senese di storia patria, annata 8°, 1901, pag. 142).
3 MILANESI, Documenti cit., I, pag. 210 e seg.