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il proprio nome: HOC OPVS FECIT IOHANNES BARTOLI DE
SENIS AURIFABER. Nel 1799 la grande opera fu distrutta,
e oggi possiamo ricostruirla idealmente, leggendone le descri-
zioni nel Baldeschi-Crescimbeni, e guardando le antiche
stampe che ritraggono il celeberrimo lavoro, e una pittura
che oggi si conserva in una cappella a sinistra della basilica
di San Giovanni in Laterano.'
Un altro busto di Giovanni di Bartolo è quello di San-
t’Agata a Catania, posto sopra una base ottagonale, con
stemmi e scene del martirio della Santa, a smalto. Da questa
S’innalzano due angioli a sostenere le braccia della Martire,
la quale tiene nella destra una croce cinta di gigli in fili-
grana d’oro intessuta di perle, e nella sinistra una tavoletta
a smalto turchino con l’epigrafe a lettere d’oro: Mentem
sanctam spontaneum ‘honorem: et | patriae liberationem. Ai
piedi del simulacro sta l’iscrizione con la data 1371, e i versi,
che hanno dato luogo a tante interpretazioni diverse, per
essere ricordata Ceva, e non Siena, come luogo di prove-
nienza dell’artefice:
ARTIFICIS MANUS HOC FABRICAVIT MARTE IOHANNES
BARTOLUS ET. .GENITOR: CELEBRIS SUI: PATRIA CEVE.?
I reliquiarî di Giacomo Roseto a Bologna presero la
forma di grandi e ornatissimi calici con coperchio: il piede
divenne un alto basamento, il nodo si trasformò in una
loggia e la coppa nel piano superiore d’un edificio suntuoso,
con grandi bifore, fiancheggiate da tabernacoli o nicchie con
statue. Dell’anno 1383 è il reliquario ordinato al Roseto, per
custodirvi il teschio di San Domenico, dal popolo bolognese,
da Benedetto XI e dal cardinale Matteo Orsini (fig. 766
a 770); del 1380, il reliquario di San Petronio (fig. 771 e 772)
! EuGÈnEe Mintz, op. sudd.
2 Vedi Mintz, nella Revue de l’ Art chrétien, anno XXXIV; ANNIBALE CAam-
PANI, nell’ Archivio storico dell’ Arte, 1893; BARBIER DE MONTAULT, op. sudd.; ScIuTtO
PATTI, op. cit.