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spesso ai nodi dei calici e, secondo il Darcel, * nei lobi a
smalto rosso nell’altare di San Jacopo a Pistoia. Del resto,
lo champlevé è stato notato dal Courajod in parecchi lavori
anche del Rinascimento, *
Di smalto si adornò tutto l’arredo religioso non solo, ma
anche il civile. Si smaltavano tazze, scodelle, bacini, ecc. ?
Il Museo Comunale di Trento ha una bella cinta smaltata,
con busti di uomini e di donne, che potrebbe essere degli
ultimi del Trecento.
Lo smalto traslucido viene anche chiamato smalto ita-
liano, e a ragione, perchè in Italia trovò non solo il più
largo impiego, ma anche l’origine.
Il primo esempio, che si credeva trovare nell’altar di San
Donato, del Duomo di Arezzo, prestando fede al Vasari che
lo disse del 1286 e di Giovanni Pisano, è nel calice del
senese Guccio, del 1290, posseduto dal Tesoro della Basilica
di San Francesco d'Assisi. Il Molinier, ‘ pur notando questo
incunabolo, dice, con strano giudizio, che, dato lo stato gene-
rale dell’arte nella Penisola, è legittimo il sospetto che tal
novità provenga dall’estero. Sta il fatto che. da questo
saggio al primo apparso in Francia con la Vergine di Saint-
Denis, al Louvre ! (1329), corrono quarant'anni, durante. i
quali si è avuto in Italia un secondo bell’esempio del nuovo
smalto nell’altare di San Jacopo a Pistoia (1316). Perciò, si
è sicuri che lo smalto traslucido è nato in Italia, anzi in
Siena. E Siena ne è stata la divulgatrice. Sui primissimi
del secolo è già una sua schiera di orafi, per primo Toro,
alla Corte pontificia di Avignone; più tardi, sotto Urbano V,
vi si recherà il celebre Giovanni di Bartolo, che da Avi-
gnone passerà per un po’ di tempo a Limoges.‘ Quel
! Gazette des Beaux-Arts, 2 pér. XXVII, pag. 20.
2 Gazette archéolog. 1885, pag. 386 e seg., e 1885, pag. 313 e seg.
3 VENTURI. Storia, IV, pag. 959.
4 Histoire generale des arts, ecc., IV, 237.
$ BARBIER DE MONTAULT, Le Trésor de Monza, 2% parte, 1883, pag. 56.
6 Tale è il significato da dare alla iscrizione sul reliquiario di Sant’Agata in Ca-