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golari d’ogni spicchio; e nelle fasce dei costoloni ritornano
i genietti, rifiorisce la primavera nei meandri degli ornati
simili a quelli di Santa Maria Maggiore e di San Giovanni
Laterano. Il musaicista romano si manifesta così ne’ colori
gemmei e nelle decorazioni classiche. Lo Zimmermann, * che
giustamente gli attribuì quell’opera, in vece che a un se-
guace di Cimabue al quale pensarono Crowe e Cavalca-
selle, ’ gli assegnò anche le storie bibliche dell’ordine supe-
riore nella parete a destra della stessa chiesa, e molte altre
di quell’ordine nella parete a sinistra. Per le prime abbiamo
già espressa l’ipotesi che si tratti di opera da Pietro Caval.
lini diretta e in parte eseguita; per la seconda, cancellata
in gran parte, è arduo ogni giudizio. Più chiaramente si
scorgono, nella parete a sinistra, alcune storie del secondo
ordine, come le Marie al sepolcro, la Deposizione di Cristo
(fig. 146), che lo Zimmermann suppone eseguita su disegno
di Giotto; l’Arresto di Cristo (fig. 147-148), attribuito da quel-
l’autore a Jacopo Torriti medesimo; le Nozze di Cana e la
Natività di Gesù (fig. 149), da lui giudicato di un aiuto di
Jacopo.
Tranne le due prime e specialmente la Deposizione di
Cristo, dove si rivedono i tipi di Pietro Cavallini, nella
più giovane delle Marie ritta in piedi, nel San Giovanni che
bacia una mano della salma di Cristo, e si notano le vesti-
menta più morbide e ricche di pieghe, il resto ci sembra
realmente prossimo a Jacopo Torriti, anche per certa gon-
fiezza delle guance che si nota nelle figure del musaico di
Santa Maria Maggiore.
È probabile quindi i due grandi maestri romani Pietro
Cavallini e Jacopo Torriti iniziassero insieme la decorazione
delle pareti della navata mediana nella chiesa superiore di
San Francesco d’Assisi. Come il primo fu socio di Arnolfo
1 ZIMMERMANN, op. cit., pag. 265 e seg.
2 CROWE e CAVALCASELLE, op. cit., 1, pag, 320 e seg. È notevole però come gli
autori osservassero come «la distribuzione, le tinte accese ed il forte spicco dei colori.
oltre la maniera di Cimabue, ricordano quella del mosaicista Jacopo Torriti».