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lo sguardo a terra, tutto avvolto nel manto, passare tra le
rupi, incamminarsi verso l’ovile delle sue pecore, senza guar-
dare il cane che gli è mosso incontro a festa, ma che trat-
tiene lo slancio innanzi alla statuaria impassibilità del pa-
drone; due pastori, nel vederlo avanzare meditabondo, si
guardano come di sfuggita, per interrogarsi sull’accaduto;
le pecore escono e si sospingono fuor dal chiuso.
Anna intanto (così continua la leggenda) * nel suo viri-
dario sospirava, dicendo che gli animali i quali camminano
sulla terra e quelli che nuotano nel mare conoscono i be-
nefizî a lei negati, e che mentre la terra si copre di frutta
e fiori, ella era priva d’ogni favore. Un Angelo le apparve
dall’alto d’una fonte annunciandole il gaudio materno. Giotto
non rappresentò (fig. 250) Anna nel giardino, ma in una stanza
con forzieri e un letto coperto di coltre a righe. Ella ha i
segni dell’affanno e del pianto nel volto; l’Angiolo entra
come rondine dalla finestra, e alla derelitta orante stende
la manina annunciante la grazia del Signore. Mentre ciò
avviene, la fantesca di Anna, in una cameretta contigua,
sembra sostar dal filare e porgere orecchio, quasi avesse
udito rumore. La casa d’Anna è come un sacello con quattro
frontoni triangolari, con una stanzetta aperta che sembra
un portico o un atrio, innanzi alla porta. Nel frontone ante-
riore è un clipeo a conchiglia con un busto di senatore retto
da due genî ignudi: ricordo de’ sarcofagi romani.
Gioacchino, mentre Anna deplorava la propria vedovanza
e la sterilità, stava nel deserto, ove digiunò quaranta giorni
e quaranta notti. Il pittttore lo rappresenta (fig. 251) sulla
montagna, presso un’ara, dopo avere offerto in olocausto a Dio
un candido agnello, secondo la volontà suprema dell’Angiolo
che, come maestoso levita, gli sta di fronte. Gioacchino si
curva a terra, in atto di farsi. puntello con le mani; le ”
fiamme escono dall’ara, il fumo s’innalza dall’ostia; l’araldo di
I Non così nel protoevangelo di Giacomo Minore, ma nelle Omelie del monaco Giacomo.
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