— 854 —
servigi; chè hanno grande fede in me, pur ch’io nol meriti,
ma per le loro virtù: pure una volta mi convene atenere
quello ch'io a voi ho promesso. Pertanto scrivetemi, io so’
presto al vostro servitio ». Trattavasi di lavori per il Duomo
di Siena, che difatti Spinello eseguì con Gasparo o Parri suo
figliuolo, senza che oggi ne sia rimasta traccia; ma tornato
in quella città nel 1407 vi dipinse con Parri la sala di Balìa
nel Palazzo Pubblico, lasciando al senese Martino di Barto-
lomeo la coloritura della volta. In sedici scompartimenti illu-
strò la guerra combattuta da Venezia contro Federigo Bar-
barossa, argomento importante per i Senesi, memori della
parte che v’ebbe Rolando Bandinelli, loro conterraneo, papa
col nome di Alessandro III.
La leggenda comprendeva l’incoronazione di Federico
Barbarossa in San Pietro a Roma; la fuoruscita de’ Romani
che a tradimento assalirono l’Imperatore e le sue milizie; la
sconfitta de’ Romani stessi, perdonati poi per intercessione
del Papa. Quindi la storia di quattro scismatici elevati ad alto
grado dall’ Imperatore, seminatori di discordia tra questi e il
pontefice, che gli mosse contro con poteri temporali e spiri-
tuali; ma Spoleto venne assediata e distrutta, perchè parteg-
giante per Alessandro IIL, che fuggì in Francia. Federico chiese
allora al Re di quella nazione la consegna del nemico o la sua
espulsione dal regno, e minacciò guerra quando non fosse ob-
bedita la sua volontà. Benchè avesse favorevole il Re fran-
cese, il Papa nel 1177, per non far versare sangue di popoli,
fuggì nella libera città di Venezia, in veste di umile prete;
e quivi stette incognito nel monastero della Carità, finchè fu
riconosciuto da un pellegrino, che ne avvisò il doge Seba-
stiano Ziani, il quale andò a lui con gran seguito, lo rassi-
curò, e, in segno di devozione, gli baciò i piedi. Grato, il Pon-
tefice impartì la benedizione ai Veneziani, e in San Marco
donò un cero bianco al Doge, che offriva sè e la città in
sua protezione. Quindi gli ambasciatori veneziani per trat-
tare la pace andarono a Federigo Barbarossa che, saputo il