Di
berti, del quale Urbano fu compagno a Firenze. Nel 1403 egli
aveva incarico di scolpire un Profeta per il Duomo;’ ed è
verosimilmente lo scultore che portò a Milano qualche traccia
dell’arte toscana, invece di Niccolò Lamberti il quale non
fu mai a Milano, contrariamente a quanto supposero il Ci-
cognara, = il Calvi,’ il'Mever,* il von Fabriczy.* Le braccia
toscane furono tuttavia di ben lieve conto. Il sarcofago del
benefattore Marco Carelli nel Duomo di Milano, nel quale
si vide la fattura di Niccola Lamberti, appartiene per di-
segno a Filippino dagli Organi, per l’esecuzione delle figure
a un maestro veneziano affine ai Dalle Masegne; la statua
di Martino V, nel Duomo, opera di Jacopino da Tradate, fu
messa a riscontro col San Marco di Niccolò Lamberti in
Santa Maria del Fiore, mentre 1à si manifesta particolar-
mente il senso pittorico della scultura lombarda, formatasi
sotto l’influsso dell’arte settentrionale.
Gli architetti stranieri avevano dato disegni e misure;
i maestri lombardi li accolsero, in quanto si prestavan bene
alla loro fervida fantasia, ma, rotta la distribuzione calcolata
delle masse, cercarono effetti pittorici e contrasti. E così si
andò formando uno stile lombardo che nella plastica non ha
rapporti con le antiche forme toscane rappresentate da Nic-
colò Lamberti. Le somiglianze tra la figura sedente di Sa7z
Marco, di quest’artista, e quelle di Martino V, di Jacopino
da Tradate, si potranno lontanamente vedere soltanto nella
positura materiale delle figure, non in altro. Ma di quello
scultore e di Matteo de’ Raverti, iniziatori della scultura lom-
barda quattrocentesca, diremo in seguito. Ci basti intanto
notare che il Duomo di Milano fu un centro artistico inter-
nazionale al principio del Quattrocento; e che, mentre per
fervore di popolo si elevava quella cattedrale, a Pavia, per
1 NEBBIA, op. cit. _
? CICOGNARA, Storia della Scultura.
3 GIR. CALvI, Notizie dei principali architetti, ecc., Milano, 1859, I, pag. 153.
4 MEYER, op. cit., I, pag. 16 e seg.
$ C. V. FABRICZY, op. cit. in Archivio storico italiano, 1902, pag. 15.
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