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cincischiò i drappi, e lavorò a capriccio, fuor del naturale,
ottenendo tuttavia una certa grandiosità nella massa delle
statue della cappella del Beato Orsini, da lui continuate anche
dopo il 1472, anno in cui si ridusse a Spalato, ove non
lasciò traccia di sè.
Un altro maestro dalmata, la cui educazione è ancora
un mistero, Francesco Laurana di Zara, solo nel 1458 si
presenta a noi, insieme con maestro Isaia da Pisa, Antonio
da Pisa, Pietro da Milano, Domenico Lombardo (Gagini) e
Paolo Romano; e a Napoli, nell’Arco di Alfonso d’Aragona,
deve trovarsi opera di sua mano, tra le altre de’ suoi
compagni, la quale ci spieghi la sua educazione di scultore.
Si aggiunga che una notizia del Summonte induce ad asse-
gnargli anche una parte cospicua. « In la entrata del Castel
nuovo », scrive il 20 marzo 1524 quel corrispondente del
Michel, « è un arco trionfale fatto a tempo del re Alfonso
primo di gloriosa memoria sono circa 80 anni per mano di
maestro Francesco Schiavone opera per quei tempi non mala;
lo quale fece ancora la imagine poi in marmo d’esso re, la qual
a judicio di chi la vide è stata riputata cosa naturalissima ».°
Convien quindi cercare in Dalmazia, nella terra natale
del maestro, se vi sia alcuna scultura che torni a riscontro
di quelle dell’Arco d’ Aragona e delle altre che adornano
Castelnuovo. Le attribuzioni fatte sin qui al Laurana, maestro
mutevole di maniera, facile a subire svariatissimi influssi,
mancano di quel fondamento che solo può trovarsi in qualche
riscontro di opere nel luogo d’origine. A Sebenico vi sono
due frammenti della decorazione d’un altare, due angioli che
tengono spiegato un gran rotulo a S (fig. 695 e 696), entro
nicchiette, e poggiati su mensolette a cono rovescio. In
mezzo a forme architettoniche neoclassiche fiorentine, essi
! Lucio, Memorie di Traù, pag. 488.
2 CROCE, Lettera del Summonte in Napoli nobilissima, 1898.
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