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coro della sua famiglia artistica, più o meno addestrata, e
dalle figure ancora rettangolari, lunghe, fasciate, si passa ad
altre fortemente chiaroscurate (es.
l’Andata al Calvario), dai Profeti
che riproducono raddolcite le
forme della cortina marmorea di
Santa Maria de’ Frari, alle forme
mature e piene di San Giovanni
Evangelista e di San Marco a
sinistra.
In Santa Maria de’ Frari il se-
polcro di Jacopo Marcello (7 1484)
e quello del Trevisan (7 1500);
in Santo Stefano, due mezze fi-
gure in una porta della sagrestia,
eil monumento del medico Jacopo
Suriano da Rimini, che ricorda
a ee Gee in tante parti quello del Doge
Niccolò Marcello; ai Santi Apo-
stoli i torniti piedistalli delle colonne della cappella Corner
leggiadramente adorni; a San Lio la pala d’altare e gli Evan-
gelisti ne’ pennacchi della cappella Gussoni, scolpiti insieme
con Tullo suo figlio. E a Treviso il monumento del Vescovo
Zanetti e di Niccolò Franco, l’arca dei Santi Theonisto, Tabra
e Tabrata nel Duomo, il monumento Onigo in San Niccolò,
attestano della grande diffusione dell’arte che faceva capo
a Pietro Lombardo anche in terraferma. Egli non ebbe, come
l’Amadeo, forme vibranti di vita, riccamente varie, intima-
mente belle, ma fu un apparatore magnifico, uguale e com-
passato, nobile sempre. Le sue decorazioni si animarono di
esseri reali e fantastici, quando i figii lo assistettero e lo
surrogarono, e allora anche le sue figure si animarono e si
sgranchirono.
! Non classifichiamo qui i Santi Gerolamo e Paolo nel terzo altare a sinistra, in Santo
Stefano, dati a Pietro in Der Cicerone (ed. cit., pag. 507): differentissimi da lui.