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imbelli. Ma col proceder del tempo, trascinati anche dalla
paura delle nuove idealità artistiche, i dolci scultori cerca-
rono forme meno stagnanti. Pietro si era assopito al fiotto
delle acque della laguna, essi tentarono destarsi nuotando
in onde più libere. Non Tullo però, che fedelmente continuò
a ristampare le forme paterne, pomiciandole, lisciandole, ren-
dendole talvolta di stucco, come si può vedere nell’An7nun-
ciazione dell’oratorio del Seminario arcivescovile a Venezia.
S’aggiunse ad arrestare il movimento di Tullo la ricerca
della forma classica, della quale dette particolarmente saggio
coi busti dei coniugi nell’altorilievo del Museo del Palazzo
Ducale a Venezia, ricavata da un’imago clipeata dei Romani;
e con gli altri altorilievi del Museo dell’Arciduca d’Austria
d’ Este a Vienna, uno rappresentante Bacco e Arianna (n. 864),
un secondo altre due divinità a mezzo busto (n. 865), un
terzo: due teste in un tondo {n. 850); un quarto una sola
testa in un clipeo all’antica (n. 848). Libero dalla vigilanza
paterna, Tullo divenne sempre più materiale, vuoto, noioso,
mentre suo fratello Antonio, a parte l’infelice saggio dato
a Padova nella cappella del Santo, fece opere notevoli a
Ferrara per Alfonso I d’Este. Il loro compagno di lavoro
nel monumento Vendramin, Alessandro Leopardi, continua-
tore del monumento del Colleoni, aveva esordito nell’arte
come orafo e zecchiere; e dopo avere gettato quella statua
equestre famosa, fece altri getti: nel 1505, gli elegantissimi
pili in bronzo degli stendardi nella piazza di San Marco;
nel 1515, le tavolette di bronzo per l’altare dei Dogi Bar-
barigo, ora nel Museo Archeologico di Venezia (fig. 745). *
Passando a lavorare il marmo, Alessandro Leopardi diviene
affine a Tullo Lombardo, come si può vedere nel taber-
nacolo in Santa Maria dei Frari assegnato al Bellano e ad
altri, probabilmente suo (fig. 746). Conservò però libertà
maggiore, una scioltezza di fare ignota a Tullo che cadeva
1 BALDORIA, Andrea Briosco ed Alessandro Leopardi architetto, la Chiesa di Santa
Giustina di Padova in Arch. stor. dell’ Arte. 1801.