— il di
luogo delle cappelle lavorate da Paolo di Mariano, distrutte
per allargar la strada (fig. 759). Nella statua, quantunque la
mano del nostro scultore sia evidente nelle larghe mani ve-
nose, nel grande padiglione dell’orecchio, nel drappeggio,
Paolo par trasformato, e con la sua statua, non improvvisata,
come le altre due messe <a piè delle scale» di San Pietro,
non colossale come quelle, ci dà una figura corretta, digni-
tosa, come la Fortezza dell’Arco di Alfonso d'Aragona. Anche
l’angiolo del timpano della porta di San Giacomo degli
Spagnuoli, recante la scritta OPVS PAVLI, che par ristampato
da un sarcofago romano della decadenza (fig. 760), mostra
come Paolo avesse una tecnica più fine di quel che ci mo-
strino le due statuone della sagrestia vaticana. Simili angioli
ritroviamo nel tabernacolo di Sant'Andrea fatto erigere da
Pio IL, e propriamente nelle due lunette che adornavano
quell’opera, ora nelle Grotte Vaticane (figg. 761-762), tutti
aventi parentela strettissima con la Vizi/o7ia indicata dell’Arco
d’Alfonso a Napoli.
La statua di Sant Andrea, nel cimitero de’ Pellegrini a
Ponte Molle, attesta pure della maniera propria di Paolo.
Cominciata sin dalla metà del 1462, fu compiuta l’anno se-
guente; guasta da un fulmine nel 1866, mostra ancora la
forza antica. È drappeggiata come il Sa7z Paolo vaticano, ed
ha la cintura formata, come nel San Pietro, da un cingolo di
cuoio allacciato con una piccola fibbia. Imponente era nel suo
tabernacolo, oggi distrutto, la figura pensosa, assorta, che fu
stimata l’opera più piacevole e più aggraziata condotta dal
neoclassico Paolo di Mariano.
Sono stati attribuiti pure a lui i putti che adornano l’archi-
trave del portone che in Vaticano dal cortile del Maresciallo
mette a quello dei Pappagalli, lavoro che reca la data
del 1460, troppo rotondeggiante nelle forme di quei putti
per essere del nostro artista; la statua di San Giacomo, nella
chiesa omonima degli Spagnuoli (fig. 763), che sembra di-
fatti convenirgli; la tomba del Cardinal Scarampi, affidatagli
IC