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di San Martino (fig. 55), con vesti avvallate a tratti, con la
testa non tondeggiante, col grasso bimbo senza la vivacità
di quello che corre sulle ginocchia della Vergine nella lu-
netta del San Petronio, sta tra quattro figure di Santi dalla
testa piccola sopra un grosso viluppo di vesti. E anche il
San Nicola (fig. 56) non ha la forza di Jacopo, nè quelle sue
' pieghe che si sollevano sui corpi e si avvolgono enfiandosi,
i arricciandosi, turbinando sulle membra; invece ora esse cor-
i rono e si troncano in un senso, ora in un altro, senza l’unità
serrata de’ drappeggiamenti del maestro. Nella Libreria del
Duomo di Siena è una debole copia antica del bassorilievo
che adornava la Fonte Gaia, rappresentante la Cacciata dei
primi uomini dall’ Eden. Nell’Albert and Victoria Museum a
Londra sono ascritti al maestro tre rilievi di terracotta molto
sospetti (nn. 7572, 7573, 7574), certo non di Jacopo, e un cas-
sone con le rappresentazioni in istucco di Adamo ed Eva
rimproverati da Dio, poi cacciati dall’ Angiolo, e infine fuori
dall’ Eden conducenti vita affannosa. Anch’esso ci pare molto
sospetto, non da attribuirsi al maestro della cappella Pelle-
grini, e a nessuno degli scolari di Jacopo. Altre sculture ascrit-
tegli, ad esempio la statua di una Sibilla nel Duomo di Or-
vieto, sono lavori di Antonio Federighi senese.
de de
Nell’Emilia, Jacopo della Quercia lasciò parecchi seguaci,
tra i quali è probabilmente Giovanni Francesco da Imola,
che collaborò nel 1413 con lui nell’opera di scultura per il
Duomo lucchese, e dette mano alla parte superiore dell’al-
tare della famiglia Trenta, ed anche all’ornamento este-
riore del fianco a tramontana del Duomo stesso, dove a co-
ronamento del secondo dei piloni vedesi una statua di Pro-
feta nella maniera di Jacopo della Quercia. Ma appena questi
si partì per Siena, l’Imolese fu incarcerato, condannato
I SCHMARSOW, Antonio Federighi de’ Tolomei (Repertorium fur Kunstwissenschaft,
1889, p.277) e LuiGr Fumr, op. cit., pag.36 e 8r.