Full text: La scultura del Quattrocento (6)

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faunetto suona le tibie sul disco; nel mezzo, un putto alla 
corsa. Dalla parte incassata del pilastro escono per un tratto 
dal vivo del muro le foglie che ne rivestono i riquadri. Altre 
parti dell’altare si trovano qua e là: uno segato a sinistra, 
al principio dell’incurvarsi del coro e dell’ambulacro; un 
pezzo d’un altro a destra, a riscontro di quello. Nel riquadro 
superiore del primo, un angiolo ricciuto tiene con ambe le 
mani un vaso pieno di fiori, e sta diritto sopra un disco; 
nel tondo mediano, un amorino. Il secondo fu rifatto nella 
parte superiore, così che dell’originale restano soltanto due 
gambe ignude sopra una base limitata da due delfini, posta 
sopra un plinto su cui è distesa una figura nuda: nel tondo 
di mezzo è uno de’ soliti amorini. Infine un frammento di 
antico pilastro, accorciato perchè troppo lungo, si vede a rap- 
pezzi nel pergamo a destra, 1à dove un fanciullo erculeo sta 
sopra il labbro d’un vaso, e un amorino entro lo spazio cir- 
colare del mezzo. 
Tutti questi frammenti di pilastri usati da Matteo Car- 
nero appartengono all’altare di Donatello. Ne fanno fede i 
bassorilievi indicati dov’è tanto sapore donatelliano e tanto 
amore per l’antico. Benchè eseguiti da altra mano, il suo 
disegno è evidente; e basti osservare le parti che il Carnero 
eseguì a imitazione di quelle donatelliane inserite, per accor:- 
gerci della differenza enorme di tempo, di forma e di spirito. 
Con quelle ‘parti sconnesse, segate, rifatte, possiamo rico- 
struirci idealmente l’altare del Santo, che dovette essere di 
una solennità senza pari. Tutta la Lombardia, tutto il Veneto, 
tutta l’Emilia s’inchinarono innanzi all’opera maestosa. La 
nuova fede dell’arte trovò in essa il suo sacrario. Più che dai 
modelli dello Squarcione, la pittura trasse da Donatello la 
monumentalità; e la scultura rinnovata, come consacrata dal 
Grande, a Venezia, in Dalmazia, a Verona, a Mantova, a 
Ferrara, si volse a ripetere il suo verbo. Gli angioli mene- 
strelli dell’altare del Santo si sparsero da per tutto: a Padova 
ritornano nel monumento Roccabonella, a Verona di qua e
	        
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