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che « da Pisa ci furono due, l’uno ebbe nome Antonio, l’altro
Isaia ». = Il che farebbe credere, nonostante che il Filarete sia
stato molto capriccioso nella scelta, che Antonio di Chelino
godesse di onorata fama. Anche la testimonianza di Matteo
Palmieri concorre a ritenere degnissimo l’artista, quando a
lui appunto, come sembra, si riferisca l’accenno a un tale
Antonio da Pisa, che fioriva nel 1461 a Foligno, gemmarum
pretiosorumque lapidum sculptor.° Nell’arco Aragonese un
fregio ricorda particolarmente gli angioli musicanti dell’al-
tare del Santo, ben distinti dalle decorazioni descritte di
Isaia da Pisa e di Andrea dell’Aquila. Si vedono parecchi
putti ignudi saltare, mentre un loro compagno tibicino suona,
alzandosi in punta di piedi come fa quello prototipo di Dona-
tello a Padova (fig. 302). La schiera lieta di quei puttini
sgambettanti vedesi nel fregio sul binato destro del primo
ordine dell’arco.
Fa riscontro sul binato sinistro del medesimo ordine un
altro fregio (fig. 303), che potrebbe essere della stessa mano
del fine donatelliano, anche per la forma dei putti che ten-
gono festoni; e nel basamento del binato destro vi sono
teste alate d’angioli sopra encarpi annodati alle anse di vasi
donatelliani (fig. 304). Tutto questo potrebbe essere opera di
Antonio di Chelino pisano, ben più prossimo a Donatello
che non Andrea dall’Aquila, e richiamante le forme deco-
rative dell’altare del Santo a Padova, in cui aveva veduto
disegnare e lavorare i grandi esemplari della scultura.*
Se, come sembra, ragionando per esclusione, ad Antonio
di Chelino si possono assegnare le sculture citate, non sarà
I LAZZARONI e MUNOZ, op. cit., pag. 251.
I 2 MATTIA PALMIERI, De temporibus suis in Rerum Ital. Script., 1, pagina 314. —
MUNTZ, Les Arts à la cour, ecc., Il, pag. 114. — ZiPPEL, Artisti alla Corte degli Estensi
nel Quattrocento (L’ Arte, 1992, pag. 404-406). Lo ZIPPEL si prova a identificare Antonio
da Pisa con un pittore il quale ritrasse Lionello d’Este, ricordato dal Carbone: il’:che
non sembra possibile.
3 A Napoli, nel Museo di San Martino, vi è un’ opera che lpuò richiamare le scul-
ture donatelliane dell’arco. È tutta una serie di testine tonde tra cespi d’acanto. Si vede
nella base d’un pulpito trecentesco proveniente da San Lorenzo, con un cartello che lo
dice «composto di elementi più antichi (!) messi insieme nel ’400, sec. XIV » (!)