Full text: La scultura del Quattrocento (6)

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dal ‘50 di capomaestro del Duomo di Orvieto. * Il Fede- 
righi, ispirato agli esemplari di Jacopo della Quercia, con- 
tinuò sulle orme del conterraneo nell’eseguire una .Szbzlla 
nella facciata di quel Duomo; le statue de’ Sant: Vittore, 
Ansano e Savino nella loggia di San Paolo a Siena; un 
piccolo Bacco nel palazzo Elci; il Mosè ora nel Museo del- 
l’Opera, già sul fonte degli Ebrei nell’antico Ghetto; il banco 
marmoreo della loggia suddetta con le figure di Cicerone, 
di Catone, di Scipione maggiore, di Curio Dentato, di Furio 
ia : ; 2 
e Scipione Africano; le pile d’acqua santa nel Duomo 
(fig. 316), e il fonte nella cappella di San Giovanni del Duomo 
stesso; una testa di vecchio barbato nel Museo dell’Opera, 
la Szbilla Eritrea nel pavimento della Cattedrale. 
L’arrivo di Donatello a Siena non scosse nel Federighi 
la fede per Jacopo della Quercia, al quale si avvicina tal- 
volta, senza averne mai il getto impetuoso della forma; 
atticciato, etrusco come Jacopo, cade tuttavia per pesan- 
tezza: la sua forza talora sta oppressa sotto il grosso vi; 
luppo di panni; lo spirito è ottuso in quei Santi cavalieri 
da parata della loggia di San Paolo, nel Bacco atletico di 
! Fumr, 77 Duomo d’Orvieto, cit., pag. 33-36, 78-79, 81, 322-323, 490. 
2 SCHMARSOW, Antonio Federighi de' Tolomei, ein sienesischer Bildhauer der Quat- 
trocento in Repertorium fiir Astw., XII, 1889, pag. 277-C9; SCHUBRING, Die Plastik Sienas 
im Quattrocento, Berlin, 1607. 
Entrambi questi autori attribuiscono al Federighi la pila del Duomo d’Orvieto, che 
fu eseguita dopo il 1484 (cfr. FumI, op. cit., pag. 323); lo ScHusrING pubblica come di 
Antonio Federighi un’altra pila esistente, non in quel Duomo, come crede l’autore, ma 
nella chitsa dei Servi di Orvieto, e recante la data del 1497 segnata in un’ iscrizione, la 
quale ricorda che la pila fu fatta fare da Benedetto Crespa di Barcellona Castellanus 
Urbisveteris. Lo ScHUBRING pubblica anche come di Antonio Federighi un’altra tazza 
intagliata, che si serba nel Museo dell’Opera d’Orvieto, e che non ha niente di comune 
con quell’artista. È eseguita da un imitatore diligentissimo dell’antico, negli ultimi anni 
del Quattrocento o al principio del ’s500. Entro la tazza sono scolpiti pesci, anguille, ecc., 
quali si vedono in coppe vitree cristiane dei bassi tempi. Tale particolarità si riscontra 
in molte altre pile per l’acquasanta ne le chiese di Orvieto e dei dintorni, tutte eseguite 
con uno studio finissimo degli ornati romani. Convien credere quindi che vi sia stato un 
marmoraro orvietano o un romano vissuto a Orvieto, che abbia avuto la specialità d’in- 
tagliare pile per l’acquasanta. A lui va assegnata la bellissima dell’Opera del Duomo 
orvietano. Lo SCHUBRING assegna anche ad Antonio Federighi lo stemma della Beccheria 
in Siena, recante Ja data 1486 e la scritta Z7Tempore. Barioli. Andreae . Cistae: è fatica di 
barbaro scalpellino! Infine in Der Cicerone (11, 465) è attribuito ad Antonio Federighi 
il San Giovanni Battista nell’oratorio di San Giovannino della Staffa, opera certo assai 
posteriore.
	        
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