Full text: La scultura del Quattrocento (6)

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tello » e si chiama « discepol di Donato ». Tra le sue prime 
opere sono da ascriversi a nostro parere la tomba (fig. 327) di 
Erasmo da Narni detto il Gattamelata e quella (fig. 328) di 
Giovanni Antonio suo figlio (7 1456), nella prima cappella 
della navata a destra della chiesa del Santo in Padova. Fu- 
rono ascritte al Bellano, che probabilmente era lungi dalla sua 
città quando i due sepolcri vennero finalmente scolpiti; la 
forma gotica era forse prescritta da tempo, e lo scultore eseguì 
soltanto le statue giacenti e i putti che reggono cartelle sul 
davanti del sarcofago. Già il Gattamelata nel proprio testa- 
mento aveva ordinato di essere sepolto nel convento del Santo, 
e che ivi fosse eretta una cappella con altare in onore di 
San Francesco; ma solo nel 1456 (15 novembre) Giacoma 
della Leonessa, vedova del condottiero e orbata del figliuolo, 
chiese «<il luogo nella chiesa di Sant’Antonio per farvi una 
cappella a San Bernardino e a San Francesco ». La cappella 
era stata già eretta sin dal 25 aprile 1457, ma non compita 
nemmeno nel maggio ’59, mancandovi gli ornamenti pitto- 
rici. * Può credersi quindi che, dal principio del ’57 alla fine 
del ’58, Bertoldo di Giovanni, scultore fiorentino, eseguisse i 
due monumenti con quei putti reggicartella che tengono di 
Desiderio da Settignano, ma in una forma ben più esatta di 
quella che poi portò il Bellano a Padova, e con finezza a 
questi sempre ignota. La testa del giovane figlio del Gatta- 
melata, coi capelli mossi come da vento, e quella quasi cor- 
rucciata del vecchio padre, sono trattate con delicatezza stra- 
grande, e i putti reggicartelle, ignudi o coperti da tunica 
trasparente, sono squisitamente condotti, in ispecie quelli nel- 
l’urna di Gianantonio. ° Nella tunica del putto di sinistra vi 
1 EroLnL1, op. cit., pag. 179 e seg. 
2 Il Bopg (Lo scultore B. B. cit., pag. 408), pur attribuendo i due monumenti al 
Bellano, notava: «la delicatezza della testa, il carattere particolare delle mani fine non 
ci richiamerebbero alla mente il Bellano, se non ci fossero i due angioli inginocchiati 
accanto allo zoccolo (!), che tengono, uno da una parte, l’altro dall’altra, una grande 
tavola (!) con un’iscrizione. Le loro vesti lunghe con pieghe strette, i loro volti larghi 
e bonarî, accennano ad una maniera che, fra quelle degli scolari padovani di Donatello, 
s’avvicina con maggior probabilità allo stile del Bellano ».
	        
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