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di lavoro a Roma Mino non potesse produrre così misere
opere, insieme con le nobili ed eleganti ora citate.
Tornato a Firenze, nel 1481 compì la sepoltura del Conte
Ugo (fig. 441), nella quale mise ogni sua antica e ogni nuova
grazia. Ancora nella figura della Carità (fig. 442), come in
tante altre già eseguite da Mino, la gamba sinistra volgesi
lungo la diagonale della tavoletta rettangolare. Così i put-
tini reggistemma (fig. 443-444) stendono all’indietro una
gamba, in una mossa ricercata e stentata: que’ fanciulletti,
specialmente quello a destra, sono senza forza e senza sangue.
Ma dove e come stieno gli altri della Carità niuno potrà
comprendere: uno par che s’arrampichi, con un piede sopra
un tronco e l’altro su una fettuccia; un secondo sta a
cavalcioni sulla mano sinistra della Carità, con la quale questa
gli tocca una gamba, ma, per cercar la grazia col curvar
dell’indice, non lo tiene e non lo stringe, così che il fan-
ciullo sta per perdere l’equilibrio, roteare e cader giù a
capo fitto.
Nello stesso anno 1481 a Mino da Fiesole fu allogato il
tabernacolo per la cappella del Miracolo in Sant'Ambrogio
in Firenze, dove nella forma architettonica mostrò che non
invano era stato in Roma; e che, pur rimanendo ligio all’arte
di Desiderio, aveva imparato a collegar le parti tra loro, ad
avvivarle, a fiorirle. Ma, fino all’ultimo, non seppe scorciare
figure: i due angioli adoranti del tabernacolo di Desiderio
vengono qui innanzi piantati su una gamba in modo da
perdere l’equilibrio e dar di tracollo; gli altri due che ten-
gono il calice spalancan le gambe tanto da squarciarsi. Ma
ridono i bei cherubini, i musetti ingenui, tra le ali vibranti,
sulle nubi: sogno costante dell’artista che in quella chiesa
di Sant'Ambrogio fu sepolto l’anno 1484.
Oltre le opere qui annoverate sono di Mino da Fiesole:
in Santa Croce un tabernacolo eseguito verso il 1473, come
può credersi osservando la decorazione tanto meno evoluta
di quella del tabernacolo di Sarit’Ambrogio. Due figure alle-
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