Full text: La scultura del Quattrocento (6)

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dovrà cercarsi per via delle arti cosidette minori, tanto più 
mobili, e specialmente della oreficeria, che contava per adepti 
quanti al principio del ’400 esordirono nella scultura. Ma 
fin qui nessun fatto si è chiarito che avvalori le ipotesi sugli 
influssi dell’arte renana e borgognona sulla fiorentina. Solo 
può darsi una giusta importanza alle notizie forniteci dal 
Ghiberti circa le divulgate stampe in gesso di opere che 
abbiamo supposto di Claes Sluter; ma devesi tuttavia tener 
presente che, avendo ritenuto il maestro fiorentino che questi 
fosse vissuto sino al tempo di Martino V, la notizia è po- 
steriore al regno di questo pontefice, e quindi che solo tardi, 
allorquando la scultura a Firenze era fiorita di giovinezza 
nuova, vi furon vedute le stampe esemplari. 
Mentre a Firenze le produzioni trecentesche apparivano 
sempre più disseccate al confronto delle nuove e verdi del 
secolo successivo, Siena, che pure come Firenze ereditò l’arte 
scultoria dalla madre Pisa, ci presenta lo stesso contrasto 
della caducità delle vecchie forme e il subito balenare delle 
nuove. Le ultime opere lasciateci dai maestri senesi del Tre. 
cento attestano l’immiserirsi della scultura: tali le statue 
che Bartolomeo di Tommè o di Tommaso di ser Giannino, 
detto Pizzino, e Mariano d’Angiolo Romanegli fecero per 
la Cappella del Campo, quelle cioè dei Santi Giacomo Mag- 
giore e Minore, Pietro e Giovanni Battista. 1 due orafi. è 
scultori senesi avevano assunto d’eseguire otto statue; ma 
finite quelle quattro, non avendo probabilmente soddisfatto 
i committenti, i quali, del resto, si erano riservati di pagarle 
più o meno a seconda della rispettiva bontà, fu scolpito nel 1380 
da Giovanni di Cecco, detto Giovannino de la pietra, il 
San Matteo, nel 1382 da Lando di Stefano pittore il Saz Bar7- 
tolomeo, nel 1384 da Matteo d’Ambrogio, detto Sappa, il
	        
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