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queste Benedetto da Maiano apri tante nicchie e vi collocò
le Virtù matronali, solenni, coi manti rigonfi a sbuffi dalle
ginocchia in giù."
Tanta ampiezza e ricchezza decorativa si mostra anche
sulla porta dell’Udienza, nel Palazzo della Signoria in Firenze,
eseguita nel 1481, durante il lavoro del pergamo, e di essa
rimangono nel Museo Nazionale la Giustizia (fig. 463), due
candelabri con putti ben nutriti e forti reggenti ghirlande
(fig. 464) e il San Giovannino (fig. 465), adolescente allam-
panato, senza la spiritualità, l’ascetismo, la dolcezza, l’entu-
siasmo del Santo, quale fu rappresentato dai predecessori:
egli sembra un giovane contadino che conduca le mandre al
pascolo.
Dal 1484 al 1487 lo scultore eseguì due angioli intorno
a un lavabo nella sagrestia del Duomo di Loreto, e due Evan-
gelisti di terracotta invetriata sopra le porte della sagrestia
disegnate dal fratello Giuliano. Benedetto ha già raggiunto
in tutto il suo prototipo, Antonio Rossellino, non solo in
queste ultime opere indicate, ma anche nel ciborio di San
Domenico di Siena, coi due angioli portacandelabri, aventi
tutta la grazia della giovinezza, e nella Madonna dell’ Ulivo,
ora nel Duomo di Prato, affatto simile alla Madonna seduta
policroma del Kaiser Friedrich’s Museum, eseguita probabil-
mente verso il 1480, come fanno supporre gli ornati della
prima più modesti e la rappresentazione di Cristo nel sarco-
Jago, nel basamento a rilievo ancor basso.
Un altro Sanz Giovannino nel Museo di Faenza (fig. 466),
attribuito a Desiderio e al Rossellino, appartiene con pro-
babilità a Benedetto, come fan credere le forme più piene,
le pesanti palpebre, i riccioli grossi.
Al Rossellino s’approssimò anche nell’urna con l’altare
’ Nel Museo di Berlino è attribuita a Benedetto da Maiano una terracotta rappre-
sentante San Francesco sostenente il Laterano, con la scritta ... OVANNIJI (sic) LATE.
RANO: terracotta e scritta false. Dello stesso contraffattore, nel Victoria and Albert Mu-
seum, sono tre storie della vita di San Francesco, pure in terracotta, con dorature (n. 240,
241, 242 — 1889), attribuite egualmente al nostro artista.