Chiesa in Firenze, col dito anulare che sembra tronco come
in quelle di Piandimeleto; il Bambino si presenta nello stesso
atteggiamento e con la linguetta tra le labbra. Anche la Ma-
donna, già sullo scalone del palazzo dal Pozzo in Imola," ha
un’evidente relazione con quelle, e così l’altra di Solarolo
(fig. 491), * indicata come opera di Donatello da alcuni, di
Antonio Rossellino da altri. 3
Queste opere eseguite in Romagna e nelle Marche ci
fanno determinare come di Francesco di Simone il ciborio
della chiesa di Santa Maria di Monteluce presso Perugia *
(fig. 492), nel quale Francesco di Simone s’ ispirò al sepolcro
Forteguerri a Pistoia, nella cui esecuzione è molto probabile
che lavorò col Verrocchio. Nella base del tabernacolo ve-
donsi i due putti recanti l’immagine del Redentore, curvi,
come schiacciati dal peso della cornice che sta loro sopra,
affatto simili ai genietti che sul plinto del monumento Tar-
tagni tengono la corona d’alloro che circonda lo stemma del
defunto. I panni degli angioli intorno al ciborio sono pesanti,
grossi, rigonfi, solo spianati intorno alle tonde ginocchia; le
palmette ricorrentisi nella trabeazione e il rosoncino a cinque
foglie ripetono un motivo ornamentale del monumento di
Barbara Manfredi; le consuete fave spiegate a mo’ di foglia
1 Ora a Bologna, presso il Conte Grabinski.
2 Il BepEscHr (op. cit.) riconobbe di Francesco di Simone la Madonna di Solarolo.
Fu contradetto dal v. FABRICZY, che ammise l’incorniciatura del bassorilievo per opera
di Francesco di Simone, e osservò, nella parte figurativa, i caratteri della maniera del
Rossellino. Ma la decorazione e le figure formano un insieme organico con tutti i carat-
teri proprî di Francesco di Simone.
3 A Forlì si indicano anche come di Francesco di Simone la lunetta sulla porta interna
d’ingresso al Museo (opera di seguace); la trabeazione della stessa porta che potrebbe
essere di lui (la lunetta e la trabeazione furono trasportate da una porta del Duomo,
nota al Vasari che l’attribuì a « Simone fratello di Donatello »); il busto di Pino degli
Ordelaffi nel Museo rifatto nel labbro inferiore, nel mento, nella sopracciglia (così, all’in-
grosso, la testa è d’un verrocchiesco).
4 Il GRONAU (op. cit.) studiando uno schizzo, nel libro attribuito prima al Verroc-
chio, poi a Francesco di Simone, conchiuse che il libro e il ciborio non appartenessero
nè all’uno, nè all’altro. Il v. FABrICZY (recensione cit.) suppose che quello schizzo del
Bambin Gesù sia la copia d’una scultura già eseguita. GIULIO URBINI (art. cit.) produsse
un documento del 1483, data del ciborio ; e osservò che nel libro di schizzi si legge in
una carta la data del 1487. Intanto nel Der Cicerone si conserva l’attribuzione da noi
proposta.