= 020
quei patti, tanto più osservando che un artista di tal valore,
se non fosse stato del loro paese, si sarebbe dovuto cercare
per universum orbem e pagargli qualunque mercede.' L’amor
proprio de’ Milanesi era soddisfatto: Jacopino da Tradate
poteva rappresentare la nuova fioritura d’arte locale. Si rico-
nosce l’arte sua e da lui insegnata nelle statue de’ nodi dei
piloni, di qua e di là dall’entrata del presbiterio, e in qualche
altra. ne’ piloni della nave maggiore; e può riconoscersi,
all’esterno del Duomo, nel San Pietro jlartire, eseguito in-
sieme con un San Lorenzo prima del 1425, nel San Barto-
lomeo compiuto nel 1430 (fig. 554), nel San Francesco condotto
nel 1438. Solo nel 1440 Jacopino fu chiamato a Mantova, ed
ebbe quindi tempo di ammaestrare molti giovani nella scul-
tura. Il caposcuola, benchè nominato a vita scultore della Fab-
brica monumentale, parti per quella città nella età senile per
far Santi al marchese Gonzaga.° E colà morì, lasciando il
figlio Samuele che, col Feliciano e il Mantegna, dicesi, studiò
e misurò anticaglie sul lago di Garda. ll suo nome, nella
lapide sotto la statua di Martino V, nell’iscrizione dettata
da Giuseppe Brivio, è associato al solito con quello di Prassi-
tele; ma, a parte il luogo comune in tutte le epigrafi dedi-
cate ad artisti del ‘400, Jacopino da Tradate personifica, più
d’ogni altro maestro, l’arte lombarda ne’ primi quattro de-
cenni del secolo.
Mentre fiorivano Jacopino da Tradate e la sua scuola, un
altro insigne maestro lavorava a Castiglione d’Olona, nel
piccolo borgo presso Varese, pieno di benefici artistici largiti
dal Cardinal Branda Castiglioni. La chiesa di S. Maria di Villa,
dall’aspetto esteriore che riflette la nuova architettura fioren-
1 UGo NEBBIA, op. cit., pag. ro9.
2 Questa notizia, data dal D’Arco, dal Bertolotti e dagli altri che discorsero di artisti
a Mantova nel ’400, fu dimenticata dal MEYER {op. cit., pag. 63), dal NEBBIA, ecc., che
richiamano la data 1425, come l’ultima in cui si trovi citato Jacopino.