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gario Picalull. Del primo, nel Museo di Cagliari, esiste,
scomposto nelle sue parti, il polittico dipinto circa il 1450
per la chiesa di San Francesco di Stampace; del secondo
sappiamo che visse in Cagliari fra il 1423 e il 1436, e dipinse
un’ancona per Santa Maria presso Uta.' Abbandonata l’arte
dell’antica madre Pisa, i pittori sardi seguirono i fastosi esem-
plari catalani.
A Napoli e nelle provincie dell’Italia meridionale gl’in-
flussi dell’arte spagnuola si manifestano più tardi, dal tempo
in cui Alfonso d'Aragona s’impadroni di quella città. Prima
l’arte pittorica continua nelle forme tradizionali, imita, ripete
gli esemplari dati dai grandi maestri come Pietro Cavallini,
Simone Martini e Giotto. Perfino nelle Puglie, a Santa Ca-
terina di Galatina, si trovano, erroneamente attribuite a Fran-
cesco d'Arezzo, nome inscritto con la data 1432 in una
pittura votiva della chiesa stessa, alcune serie d’affreschi
imitati da altri antichi di Napoli, come le scene dell’Apoca-
lisse, ricavate da quelle di cui rimangono tracce a Santa
Maria Donna Regina, e le rappresentazioni de’ Sacramenti,
parafrasi delle altre della chiesa napoletana dell’ Incoronata.
Dopo incirca un secolo, e anche più nel caso di quelle
scene apocalittiche, la pittura dell’Italia meridionale si ag-
girava ancora intorno ai vecchi e grandi modelli; così come
la scultura andava ripetendo in qualche modo le forme sepol-
crali che Tino di Camaino aveva determinato tanto tempo
prima da maestro.
A Santa Caterina di Galatina gli affreschi, eseguiti pro-
babilmente tra il 1410 e il 1445 per commissione di Maria
d’Enghien, ° sono di mano diverse: nella prima campata della
1 BRUNELLI, Appunti sulla storia della pittura in Sardegna. Pittori spagnuoli del
Quattrocento in Sardegna (1’ Arte, 1907, pag. 359 e seg.).
2 E questa la conchiusione cui è giunto con molte ragioni il dott. Antonio Martines
di Galatina, in una monografia che sarà presto pubblicata.