Full text: La pittura del Quattrocento (7, Parte 1)

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della National Gallery (fig. cit. 142), dove le proporzioni delle 
figure sminuiscono alquanto per dar posto alle rupi, ai boschi, 
al lago del fondo. Il pittore si sforza a immaginar la scena 
non raccolta in un tutto, anzi tronca ai lati come tratto di 
più ampia composizione; ma vuol dir troppo, rappresentar 
troppa parte di mondo in breve spazio, popolare di quadru- 
pedi la terra, di volatili i boschi, di anitre, cigni e pellicani il 
lago e le sue rive. Sant’Eustachio è un perfetto figurino di 
cavaliere del tempo, ma il suo tipo è troppo fanciullesco per 
indicar bene lo sbigottimento nel vedere il Crocefisso tra le 
corna del cervo montato sopra un alto sasso, e nell’udire le 
parole d’invito a credere in Cristo. Solo nelle aperte dita della 
destra sollevata egli mostra lo stupore. Il maestro è tutto 
gotico qui, nella cartella anepigrafa arrotolata nel davanti, 
nelle pieghe del drappo dai contorni arricciati che avvolge 
i fianchi del piccolo Crocefisso; e la testa del Santo sembra 
ispirata a Gentile da Fabriano. Pare ch’egli abbia eseguito 
il quadro per tradurvi i proprî studî di animali, e darci la 
foggia del cavaliere, e rendere appuntino i fornimenti del 
cavallo. 
La tavoletta della National Gallery, dove Sant’Antonio 
Abbate e San Giorgio stanno nel piano e la Vergine ap- 
pare entro un alone nel cielo (fig. 147), può classificarsi dopo 
il grande affresco di Sant'Anastasia, anche perchè in questo 
come in quella l’artista fa sporgere a destra il muso di due 
cavalli, e dietro le figure spiega il fitto verde d’una boscaglia. 
I due Santi non si presentano di fronte allo spettatore, non 
si espongono coi segni di martirio e di gloria ai divoti, ma 
S’incontrano, si guardano, stanno per mettersi in colloquio. 
Si avanza curvo, verso il guerriero coperto d’acciaio e dal 
saio crocesegnato, il burbero anacoreta incappucciato, e par 
che gli dica, mostrandogli il campanello e il baculo: Anch'io 
I KURT ZOEGE VON MANTEUFFEL (op. cit.) non riconosce la mano del Pisanello in 
questo quadro, che attribuisce a un tardo seguace del maestro, mentre le forme gotiche 
attestano invece della primitività del dipinto.
	        
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