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ti ranza delle leggi della prospettiva e da scarsità di risorse
n artistiche. Misero i pittori ogni cura nel fare il fondo di stucco
Le impresso a dischetti tangenti e annodati, recanti in mezzo
a croce un quadrifoglio; o nel rilevare e dorare gli ornati
delle acconciature, gli orli del vestito, i segni della carica,
gli strumenti del mestiere, i fornimenti de’ cavalli: gioielli
e corone, vasi e scettri, trombe e bastoni pastorali, elmi ed
alabarde, ecc.
Gli affreschi sembrano sopra broccato steso sulle pareti
della cappella; e le storie si susseguono una dopo l’altra,
come in una lanterna magica, talvolta con la ripetizione delle
stesse figure, solo rivolte in senso inverso.
Il paese stacca su quel fondo a dischetti dorati, tagliato
ne’ contorni, e del resto consta di semplici picchi dentati
con qualche alberello stampato sulla china delle rupi mon-
tane. Gotici sono gli edificî, e quelli dove si affollano i
personaggi sono sempre aperti alla trecentesca, con arcate
pensili nella facciata, per dar posto allo svolgimento delle
storie.
Male si reggono in piedi le figure lunghe, dal busto
breve, talvolta come sostenute per fili invisibili dall’alto.
Avendo tanta difficoltà a esprimersi chiaramente, gli Zavat-
tari si provarono ad abbagliare con la ricchezza, con la quan-
tità di figure e di cavalli, con il gran numero di fatti desunti
da Paolo Diacono. Nel breve compartimento dov’è la bat-
taglia tra Franchi e Longobardi, si vede tanto la mischia
de’ guerrieri, quanto la fuga degli abitanti, dei villici, delle
massaie con i fanciulli; anzi un villano, che zoppicando fugge
col sacco sulle spalle, tocca l’armatura de’ guerrieri combat-
tenti. Questo mostra che gli Zavattari, di vecchia famiglia
artistica, accolti alcuni canoni d’arte nuova, non si curarono
di progredire. Rimasero per arte fanciulli, e tali divennero
i personaggi della storia nella lor pittura.
Tutta questa decorazione fu allogata forse da Filippo
Maria Visconti, del quale si ripetono le imprese, anche
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