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schienale, mostrano anche lo sforzo di unir le figure all’archi-
tettura, di farle come intagliate nello scanno della Madonna.
Gli angioli sono ancora nove, contando, insieme coi cinque
disposti ad arco nel sommo, i due ritti sui bracciali, e il
cherubinetto che fa da borchia al manto, sul petto della
Vergine; ma il pittore non osserva il precetto iconografico,
e dà loro una funzione decorativa. Trecentesco ancora nei
rapporti proporzionali della figura del committente rispetto
alla Divinità, Niccolò di Pietro rappresenta tuttavia un gran
progresso nel rilievo, nel chiaroscuro, nelle pieghe delle vesti
che cadono ondulate, non più incise o ageminate in oro, nel-
l’effetto decorativo della composizione dal contorno frasta-
gliato e in quella certa espressione di grazia. Le altre due
opere dell’artista, il Crocifisso di Verrucchio (1404) e la guasta
Madonna della chiesa di Santa Maria de Miracoli a Vene-
zia (1409), non aggiungono alcun pregio a quelli della Ma-
donna descritta; e sono esse le sole Opere certe che rimangano
di Niccolò di Piero, ancora in vita nel 1430.
A spiegare l’opera sua primitiva servono parecchi quadri
veneziani sparsi per le Gallerie europee: la Madonna del-
l’Umiltà, la più antiquata, nel Museo di Colonia (n. 526), at-
tribuita alla scuola toscana, in atto d’offrire una mela al
Bambino, con fioroni calligrafici nel manto quali si vedono
in Lorenzo Veneziano; una seconda nel Museo Kestner (n. 5),
in Hannover, ® una terza presso il barone Michele Lazzaroni,
a Parigi, che sta per forma tra Lorenzo Veneziano e Niccolò
di Pietro (fig. 165). La maniera antiquata si mescola alla
nuova, che fa spuntare dal suolo ciuffi d’erbe, margherite,
ranuncoli e verdi siepi; mentre Caterino Veneziano può es-
sere richiamato dalla Madonna di Niccolò di Pietro per il
modo di disporre gli angioli musicanti nell’alto del quadro,
e per il mettere nel mezzo di essi preminente l’angiolo con
l’organo, Lorenzo e Stefano veneziani possono essere ricor-
1 LIONELLO VENTURI, op. cit., pag. Sg