Questi abbandonò dopo qualche tempo i socî, che rimasero
insieme a lavorare anche nella tavola, ora smembrata, della
Zrinitàa di Pistoia, in cui doveva mostrarsi tutta la nobiltà del
Pesellino. Mentre la 7Z7z27zta deriva da quella di Masaccio in
Santa Maria Novella, il San Mamante può ricordare ancora
Filippo, ma le svelte proporzioni eleganti e l’atteggiamento
cavalleresco ci dicono del Pesellino, della sua bellezza, della
sua signorilità. Il naturalismo sfiorato dal soffio del Beato
Angelico si mantiene col Pesellino in una forma elevata
sempre. Il vecchio cadente Vescovo dell’anconetta di Dor-
chester-Housé trova ancora luce negli occhi quasi spenti;
San Girolamo nel dipinto medesimo, profondità di pensiero.
Ma quell’elevazione di spiriti si accompagna con una grazia
particolare negli atteggiamenti, nel modo con cui si apron
le dita, stringono o poggian le mani, si piegano o si chinan
le teste.
Gentilezza senza preziosità, tenerezza senza sdolcinatura,
un certo languore nell’espressione e nella grazia di corpi
talvolta toscanamente dinoccolati; raffinatezza di segno, co-
lori eletti e splendenti, chiaroscuro sempre più intenso e
profondo: tale il fiore dell’arte di Francesco Pesellino.
Benozzo di Lese di Sandro o. Benozzo Gozzoli, nato
nel 1420 o nel 1424, s'incontra per la prima volta il 24 gen-
naio 1444, per il contratto con Vittorio Ghiberti, stipulante
in nome del padre, di lavorare alla seconda porta del Bat-
tistero, per un triennio e più, sino al 1° marzo 1447, con
la paga annua da 60 a 80 fiorini. Se si pensa che a Mi-
chelozzo, già provetto maestro, Lorenzo Ghiberti assegnava
cento fiorini annuali,* convien credere che Benozzo non
1 MILANESI, Nuovi documenti per la storia dell'Arte Toscana, 1901, pag. go.
2 BROCKHAUS, Ricerche sopra alcuni capolavori d’arte fiorentina. Ed. italiana, Mi-
lano, 1902, pag. 44.
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