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Sbiterio, del coro e dell’abside. Convien dire che ancora pro-
cedeva a tastoni nell’imitazione dell’Angelico.
Nella chiesa di San Francesco di Montefalco, dove Be-
nozzo dipinse in seguito il coro e la cappella dedicata a
San Girolamo, vediamo l’artista in una forma alquanto più
definita, pur sempre memore all’ingrosso dei grandi esem-
plari avuti davanti a sè. Nel darci la leggenda francescana
non ricorse a Giotto, al poema figurato della basilica di
Assisi, ma si contentò di mettere insieme elementi della
scuola del Beato, a cui pensò anche nel rappresentare l’ab-
braccio di San Francesco con San Domenico. La prima
scena è la Nascita di Francesco, la quale richiama la com-
posizione della Natività di Gesù, col mettervi il bue e
l’asino, le comari che lavano il neonato e apprestano i pan-
nilini. Appresso un pellegrino s’accosta alla porta d’una
casa, ed è colui che, secondo la leggenda, insisteva per pren-
dersi sulle braccia il bambino; e più a destra, Francesco
già adolescente, dalla testa tonda, e coi capelli che formano
arco acuto sulla fronte e cadono a riccioli; s’avvicina a un
mendicante che, preconizzando la santità di lui, stende il
mantello nella via davanti a’ suoi passi.
Francesco sogna di partir per la guerra e la gloria delle
armi, e vede di 1à dai muri della sua stanzetta un castello
con merli e barbacani, con pennoni sventolanti e scudi
crocesegnati, mentre Cristo gli appare additandogli il ca-
stello adorno di croci. Più oltre; Francesco a cavallo tra
dirupi, lungo un’erta sparsa di grossi ciottoli, dona, novello
San Martino, il mantello a un povero. Francesco e Cristo
mantengono il tipo stereotipato di adolescente col volto ton-
deggiante, il naso affilato, il mento corto, i capelli ad arco
sulla fronte, divisi nel mezzo, cadenti a riccioli di stoppa.
Le rupi sono ancora quelle dell’Angelico, ma le architetture
paiono meno schematiche, con particolari quali si vedranno
in Piero della Francesca, quello ad esempio dei ferri per
sciorinare panni. Segue l’Abbandono delle vesti mondane :