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finte nicchie del coro di Montefalco, dipingendo San Ludo-
vico, Sant’Eleazaro ed altri Santi, ricorse alla forma archi-
tettonica della cappella Nicolina, che in ogni parte rimane
presente, anche nelle Storie di San Girolamo, nel finto po-
littico della parete, nella Crocifissione che vi sta sopra.
Come a Montefalco, Benozzo cantò sacre canzoni a Vi-
terbo, ornando nel 1453 la cappella di Santa Rosa, e da
quanto si può pensare su gl’informi disegni che il Sabatini
ci conservò di quelle pitture, ripetè i tipi, i motivi architet-
tonici, le rupi, le chiome degli alberi di dietro alle cinte
del fondo. Non si può dire che progredisse, e ne è prova
la pittura datata 1456, ora nella Pinacoteca civica di Perugia,
con la Madonna e quattro Santi, cartacee, deboli, quasi rita-
gliati sul campo di broccato d’oro. Quel fondo, che si trova
pure dietro a Santi nella chiesa di San Francesco, mostra
le tendenze di apparatore in Benozzo, quale si manifesta a
Roma nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli, dove dietro
alla figura di Sant'Antonio fece stendere dagli angioli una
ricca stoffa, così come a San Francesco di Montefalco le
mani angeliche stendon damaschi dietro San Bernardino,
Santa Caterina ed altri Santi.
È probabile che Benozzo venuto in Roma, dopo i la-
vori di Montefalco e di Viterbo, oltre la cappella Cesarini
all’Aracoeli, un giorno tutta dipinta con le Storie di Sant An-
tonio, facesse le altre opere ricordate dal Vasari sull’arco
di Tor di Conti e di Santa Maria Maggiore. Sono andate
perdute, ma il frammento del tabernacolo di via Tribuna
de’ Campitelli, ora nella chiesa di Sant'Angelo in Pescheria,
una testina in un avanzo di decorazione d’un arco a San
Paolo fuori le Mura, e la Madonna degli Angeli nel Duomo
di Sermoneta, testimoniano un nuovo e non breve soggiorno
di Benozzo a Roma. Nella Madonna di Sermoneta è l’ultimo
pallido ricordo lasciato presso Roma dell’arte derivata dal-
l’Angelico, un lontano accenno alla Madonna de’ Linaiuoli:
gli angioli che in questa trascorrono sulla cornice, nella