Full text: La pittura del Quattrocento (7, Parte 1)

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În alto, sul capo di Venere, Cupido scocca < lo strale fo- 
coso », e a sinistra le tre Grazie che intrecciano una danza, 
e quindi Mercurio rivolto al cielo. Il « fiorito e verde prato >», 
dove si svolge la scena, è quale cantò il Poliziano, e v’è 
nel dolce regno una stessa amorosa ricerca del fiorellino, 
lo stesso rigoglio di fiori, e 
ridegli attorno tutta la foresta. 
Til mistico boschetto d’aranci, la gran pianta che il Poliziano 
vede nell’entrata del Palazzo di Venere, 
che fronde ha di smeraldo, e pomi d’oro, 
coi fusti nereggianti sul fondo azzurro del cielo, e il terreno 
a tinte scure benchè coperto di fiori, formano un contrasto 
alle giovani e candide figure muliebri, alla dolcezza molle 
delle membra ignude. 
Solo il Dio de’ venti è d’una tinta azzurra, perchè, se- 
condo il principio simbolico de’ colori medioevali, l’azzurro 
è il simbolo delle tenebre e della notte. Il vento che infosca 
il cielo spira la tempesta dalle nari e al suo passaggio si cur- 
vano gli alberi. Egli insegue Flora, coperta d’un velo traspa- 
rente, come di rugiada; volgesi ella come presa da spavento, 
mentre dalla bocca le escono rame di fiori. Appresso la scena 
si tranquilla, e in mezzo al parco meraviglioso, entro la nic- 
chia come d’un trono circondato da frutta d’oro, sul tappeto 
de’ fiori primaverili, stende Venere dolcemente la destra, 
quasi immersa in un sogno, mentre appresso le danzano le 
Grazie, e Cupido tende l’arco ad infammare ne’ petti l’amore, 
e Mercurio solleva il caduceo per dissipare le nubi, e come 
lo descrive Virgilio (En. IV, 246): 
illa fretus agit ventos, et turbida tranat 
nubila. 
Una festosa maggiolata è la pittura dove sono gli echi 
di Orazio e di Lucrezio in quella Venere genitrice della 
natura universa (De Rerum Natura, I, 6-9): 
VENTURI, Storia dell’ Arte italiana, VII. 
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