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În alto, sul capo di Venere, Cupido scocca < lo strale fo-
coso », e a sinistra le tre Grazie che intrecciano una danza,
e quindi Mercurio rivolto al cielo. Il « fiorito e verde prato >»,
dove si svolge la scena, è quale cantò il Poliziano, e v’è
nel dolce regno una stessa amorosa ricerca del fiorellino,
lo stesso rigoglio di fiori, e
ridegli attorno tutta la foresta.
Til mistico boschetto d’aranci, la gran pianta che il Poliziano
vede nell’entrata del Palazzo di Venere,
che fronde ha di smeraldo, e pomi d’oro,
coi fusti nereggianti sul fondo azzurro del cielo, e il terreno
a tinte scure benchè coperto di fiori, formano un contrasto
alle giovani e candide figure muliebri, alla dolcezza molle
delle membra ignude.
Solo il Dio de’ venti è d’una tinta azzurra, perchè, se-
condo il principio simbolico de’ colori medioevali, l’azzurro
è il simbolo delle tenebre e della notte. Il vento che infosca
il cielo spira la tempesta dalle nari e al suo passaggio si cur-
vano gli alberi. Egli insegue Flora, coperta d’un velo traspa-
rente, come di rugiada; volgesi ella come presa da spavento,
mentre dalla bocca le escono rame di fiori. Appresso la scena
si tranquilla, e in mezzo al parco meraviglioso, entro la nic-
chia come d’un trono circondato da frutta d’oro, sul tappeto
de’ fiori primaverili, stende Venere dolcemente la destra,
quasi immersa in un sogno, mentre appresso le danzano le
Grazie, e Cupido tende l’arco ad infammare ne’ petti l’amore,
e Mercurio solleva il caduceo per dissipare le nubi, e come
lo descrive Virgilio (En. IV, 246):
illa fretus agit ventos, et turbida tranat
nubila.
Una festosa maggiolata è la pittura dove sono gli echi
di Orazio e di Lucrezio in quella Venere genitrice della
natura universa (De Rerum Natura, I, 6-9):
VENTURI, Storia dell’ Arte italiana, VII.
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