Full text: La pittura del Quattrocento (7, Parte 1)

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certo che egli sia venuto a Roma a lavorare nella Cappella 
Sistina, benchè si abbia l’antica testimonianza dell’Albertini: 
certo è che nell’opera di Fra’ Diamante non si riconosce la 
sua mano, quale rivelò nell’ancona della Badìa, e prima nel 
compiere la cappella Brancacci al Carmine (circa 1484-1485). 
Cresciuto in reputazione, nel 1482 la Signoria di Firenze gli 
allogò la pittura di una delle pareti della Sala del Palazzo 
Pubblico, e nel 1486 la tavola per la Sala degli Otto di Pra- 
tica, ora agli Uffizî. Nel 1483 gli furono commessi due tondi 
con l'Annunciazione, per San Gemignano; nel 1486 compì 
la tavola della Apparizione della Vergine a San Bernardo, 
per Paolo del Pugliese, la quale si vede nella chiesa di Badia 
a Firenze. L’anno seguente, il 21 aprile, Filippo Strozzi gli 
commise di frescare la cappella di Santa Maria Novella; ma, 
più volte interrotto, l’artista non la compì sino al 1502. Ebbe 
a fare due tavole per Mattia Corvino, Re d’Ungheria (1488); 
venne in Roma per dipingere la cappella alla Minerva 
(27 agosto 1488-1490) per il Cardinale Oliviero Caraffa, che 
scriveva non avrebbe cambiato il pittore inviatogli da Lo- 
renzo il Magnifico « per quanti altii pictori furono mai in 
Grecia antiqua ». Compiuta la cappella, dipinse la tavola, ora 
nell’« Alte' Pinakotek» di Monaco di Baviera (1495); ed 
eseguì un affresco sul canto di Mercatale a Prato (1498). Fra 
queste due date eseguì l’Adorazione de’ Magi, per San Donato 
a Scopeto, oggi agli Uffizî (1496). Queste sono le opere note 
e datate, di Filippino; ma la sua produzione artistica è tale e 
tanta, che poco tempo dovette restargli per mantenere il suo 
impegno con lo Strozzi. E nel 1501, allorchè riceveva per il 
lavoro in Santa Maria Novella il resto di « quello che li si 
deve dare, quando arà finito la cappella », mandò una tavola 
per San Domenico a Bologna, un’altra a Prato, oggi nella 
sia quello di un San Girolamo nella Galleria dell’Accademia di Belle Arti a Firenze, 
perchè vi ha trovato due stemmi, uno de’ Ferrantini, l’altro del conte Ugo fondatore 
della Badia di Firenze; ma la fattura del dipinto non può essere del primo tempo del- 
l’artista.
	        
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