Full text: La pittura del Quattrocento (7, Parte 1)

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rata su la pelle. Ma quel forte vecchio, con gli occhi inca- 
vati, che prega e geme e si batte, non è più il burbero anaco- 
reta che l’arte rappresentò nel Quattrocento ; bensì una tragica 
figura d’uomo che sente il rimorso degli errori altrui, piange 
e sanguina, si dispera e confonde i suoi lai con i ruggiti del 
leone. Non è più il monaco nella grotta, è un’anima geme- 
bonda che dal deserto vede e sente la rovina del mondo 
antico, la corruzione degli uomini e del clero, la novella 
Babilonia. Ma nè l'Adorazione de’ Magi, nè il San Girolamo, 
nè altre opere posteriori, espressero tutto quello che Leo- 
nardo pensava, perchè l’infinito moltiplicarsi delle intenzioni 
a certo punto colpiva d’inerzia la facoltà attuatrice. 
Leonardo assurgeva con la forma all’idea, e i caratteri, 
come il significato, il movimento e l’effetto delle figure, si 
arrendevano al genio investigatore della ragione d’ogni cosa, 
che voleva i movimenti « annunziatori del moto dell’animo », 
e i componimenti delle istorie dipinte producessero nei riguar 
danti il medesimo effetto cercato dalle linee e dai colori. 
Il genio universale di Leonardo precorse i tempi. Per. 
ciò, sebbene più anziano di tutti quei « semidei », che par- 
vero nel Cinquecento rinnovare in Italia un’età d’oro, Leo- 
nardo si considera ragionevolmente della loro schiera. Nel 
secol nuovo ch’egli preconizzò, non fu il più venerato o il 
più seguito, perchè giganteggiò a parte, solitario, incom- 
preso. Altri furono gli autori del Cinquecento: ecli ne fu 
il precursore.
	        
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