tore 1531, 24 febbraio — Lettera di Sebastiano del Piombo da
ie Roma.
«Per m.° Domenico detto Menichella, il quale m’è stato a visi
iare per parte vostra: Dio lo sa quanto l’ò avuto accaro: chè da poi
re a tante angustie et fatiche et pericoli, Dio omnipotente ne ha lassati
vivi et sani per sua misericordia et pietà; cossa invero miracolosa
quando io vi penso: dil che sia sempre rengratiato Sua Maiestà. Et
ze se io potessi con la penna darvi ad intendere la zelosia e ’1 fastidio
a che ho avuto de vui ve ne maravigliaresti.
El Signor Fernando di Gonzaga ve potrà esser ben testimonio
et Dio sa quanto dolore ebbi quando intesi che andasti a Venetia,
| che se mi trovava a Venetia l’andava a un altro modo: et basta
di Hora, compare mio, che siamo passati per aqua et per fuoco et che
havemo provato cosse che mai se lo pensasemo, rengratiamo Dio
di ogni cossa et questa pocca vita che ne resta, consumamola al-
o I manco in quella quiete che si po; che invero è da far pochissimo
conto de le acione de la fortuna, tanto è trista e dolorosa. Jo.mi son
ridutto a tanto, che potrfa ruinare l’universo che non me ne curo et
na- me la rido da ogni cossa... Ancora non mi par esser quel Bastiano
she che io era inanti el Sacco (di Roma): non posso tornar in cervello
foro ancora. Jo non ve dirò altro. Cristo sano vi conservi... Circha la
A venuta vostra... a me non mi par necessaria, se non fusse per venir
a spasso et potreste dar hordene a la casa vostra; che in vero va a
male el più delle cosse, come tecti et altre cosse. Credo sapete che la
Stancia dove era l’opera di quadro (della tomba di Giulio 11), è
a di sfondata con i marmi lavorati che è una pietà... ».
1531, 29 aprile — Michelangelo a Sebastiano chiede un ritratto di
no- Clemente VII e il pittore si scusa di non averlo ancora pronto,
ato quindi lo rassicura circa l’umor del Papa verso di lui.
nno « Basta una lettera vostra a l’amico, vui vederete quanto frutto
ati, faria; perchè io so che chonto el fa de vui. Credo se volesti far una
‘ero figura che facesse a vostro modo de man vostra, non potresti far
ne cossa più al proposito vostro, perchè lui vi ama, vi conosce et adora
igi- le vostre cosse et gustale tanto quanto homo l’abbi mai gustate;
che è cossa miraculosa et è grandissimo contento di chi opera. Et
parla de vui tanto honorevolmente et con tanta afectione et amore
» il che un padre non diria d’un figliolo quello dice lui; ben è vero che
dra alcuna volta se ha atristato de alcune zanze li veniva ditto quando
era l’assedio in Firenze: lui stringeva le spale et diceva: Michelan-
gelo à torto; non li feci mai inzuria. Però, Compar mio, sapiatevelo
a il conoscer et pig iate le cosse per el bon verso... et state di bona voglia
‘ati che apresso le fatiche che durate per lui, che ’l sa et li vien riferito
che lavorate dì et nocte. ne ha grandissima alegrezza; però non