— 38 —
fussi dipinta d’una maniera da far tremare e temere ogni ga- -
gliardo artefice, e sia qual si vuole. Usovvi ancora quest’arte: *
che essendo madonna Lisa bellissima, teneva, mentre che la ri- se,
traeva, chi sonasse o cantasse, e di continuo buffoni che la fa- E |
cessino stare allegra, per levar via quel malinconico che suol si
dar spesso la pittura a’ ritratti che si fanno: ed in questo di Lio- ge!
nardo vi era un ghigno tanto piacevole, che era cosa più divina Ei
che umana a vederlo, ed era tenuta cosa maravigliosa, per non Ae
essere il vivo altrimenti ». Quale sarà stata mai la fonte di tutto ai:
questo racconto vasariano? Non se ne trova traccia di sorta. a,
Lo scrittore anonimo del Codice gaddiano nella Biblioteca Na- chi
zionale di Firenze, scritto verso il 1548, intercalò nelle sue no- ila
tizie su Leonardo da Vinci, a foglio 90 recto, questa: « Ritrasse 11
dal naturale Piero Francesco del Giocondo ». Come mai il ri- 1a
tratto di questo signore si trasformasse in quello di Monna Lisa, che
figliuola di Anton Maria di Noldo Gheraldini, moglie di Fran- che
cesco del Giocondo, sarebbe difficile dire, se non si sapesse quanto Lic
fosse ferace la facoltà inventiva del biografo aretino. Egli, che dino
pure conosceva di persona lo scrittore del Codice gaddiano, e ipy
anzi fece ricorso ai suoi lumi su Leonardo, si tacque nella prima Lis
edizione del 1550, mentre poi, nella seconda del 1568, sovrappose Vin
a quel suo breve cenno, dopo aver scambiato Monna Lisa con fog;
Pier Francesco del Giocondo, tutta la lunga novella. Il Vasari Ta
non conosceva il ritratto, tant’è vero che la sua descrizione col
non corrisponde alla realtà, e tutta la fatica usata nel rappre- sup
sentarci «il modo del nascere i peli sulla carne, dove più folti par
e dove più radi », fu inutile, perchè la Gioconda non ha nè ci- Mo:
glia, nè sopracciglia, secondo la costumanza, invalsa al principio da
del ‘500, di rader queste e di spuntar quelle. Il biografo aretino
compose di maniera il racconto, e, dentro i suoi contorni gene- prin
rici del ritratto muliebre, quali gli erano stati descritti da qual- app
che artista fiorentino, che lo aveva veduto presso Re Francesco I sima
a Fontainebleau, si sbizzarrì a mettere in azione il pittore scien-
ziato, a far peli, che « non potevano essere più naturali », a fare
vivo «il naso. con tutte quelle belle aperture rossette e tenere », Sani