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si proietta, o di grado in grado s’affonda, con tale giustezza di
passaggi da mostrarci nel maestro bresciano un precursore po-
tente del naturalismo bassanesco. In questo studio preliminare
di evidenze plastiche, di schiettezze figurative, par che la materia
pittorica si purifichi e s’esalti. Si veda, tagliato dalla bianca luce
del marmo d’una colonna, il nobile profilo del gentiluomo dal
parapetto della scala proteso ad osservare la scena, la diffidenza
sdegnosa dell’Apostolo a sinistra, lo sforzo di penetrare il mistero
nel rude Apostolo a destra, con la faccia in penombra e i linea-
Fig. 124 — Pinacoteche Tosio e Martinengo, di Brescia. Moretto: Cena in Emaus.
(Fot. Alinari).
menti slargati dall’osservazione intensa, cocciuta, 1l dibattito
della luce sul dolce viso del misterioso Pellegrino. A un tempo,
l’ambiente è costruito fra colonnati di foggia classica, ma con
accenti naturalistici, quali il piede del tavolo di legno, la to-
vaglia di bianca tela frangiata, il gatto sul piede del tavolo,
la servetta che proietta l’ombra della testa inghirlandata sulla
colonna a destra. Altri accenti naturalistici si scorgono nell’UL-
tima Cena in San Giovanni Evangelista (fig. 125), ove il Savoldo
par movere le teste ombreggiate, tocche da luci negli occipiti,
sugli zigomi, sulle bozze delle fronti immerse per metà nell’ombra.
Sul fondo marmoreo lombardesco, alla luce della finestra, che
s’apre, come nel Cenacolo delle Grazie di Leonardo, dietro il