e di colore. Perciò, dopo questo primissimo periodo, il Pontormo
esula dalla cerchia del Buonarroti per avvicinarsi maggiormente
a quella di Andrea. E allora, meglio che nelle pitture primitive,
mancanti di un’orientazione sicura, si afferma, di fronte alla
calma delicatezza d’Andrea, l’ipersensibilità del Pontormo:
l’ovale andreesco dei volti s’uncina nel mento, gli occhi si dise-
gnano tondi e pungenti, tutte le articolazioni sono acute e di-
slocate nel moto oltre il verosimile: una elasticità di fibra, una
elettricità di vita, erompono a portare il nuovo, l’imprevisto,
nella placida atmosfera delle composizioni d’Andrea. Le tonde
orbite, gli occhi sbarrati, inquieti, le mani nervose, trasfigurano
i tipi andreeschi. Persino il ritratto di signora con cestello di
fusi, agli Uffizi, che più d’ogni altra opera d’Jacopo rivive lo
spirito del maestro, s’allontana dal modello per l’asimmetria
dei tormentati contorni, da cui deriva, all’immagine priva del-
l’abituale fierezza pontormesca, un’espressione quasi patolo-
gica di stanchezza, di smarrimento. Il volto, più che negli
esemplari ammaccato d’ombre, gli occhi un po’ strabici, la
convessità enorme della fronte, imprimono i segni di una pro-
fonda alterazione psichica nella beltà fiorente e serena dei tipi
di Andrea.
Non v’è opera che non porti, in una nota di colore, in uno
scatto di linea, l’impronta dell’inquieta immaginazione d’Jacopo,
che il Vasari ci presenta « malinconico e misantropo spirito,
intelletto incontentabile e bizzarro ». In questo periodo del Cin-
quecento fiorentino, che, nonostante i sintomi di decadenza,
attrae per l'intensa attività di ricerca e la forte impronta per-
sonale degli ingegni, del Pontormo, del Rosso, del Bronzino, il
primo, più di tutti complesso, porta, nei suoi tentativi di piegare
ad espressioni nuove la linea e il colore, l’audacia e lo slancio del
genio. La banalità del gusto, la monotonia del livello artistico,
la mancanza di passione, che han reso sinonimo di mestiere, più
che d’arte, il vocabolo di manierismo, non sono ancor proprii
dei giorni in cui viveva il Pontormo, sebbene anche in lui, nel
suo eccesso medesimo d’autocritica, si scorgano i segni di tur-
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