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destro del quadro. Solo nel nudo a sinistra, atterrato dallo scop-
pio dell’ira di Mosè, il volume complessivo grandioso e i muscoli
inturgiditi del braccio e del torace lasciano intravvedere il ten-
tativo d’emular le corporee moli di Michelangiolo; ma il Becca-
fumi giunge al volume grandioso, piuttosto che traverso le leggi
della costruzione formale, per luministica rapidità, preludendo,
anche nel rotear della forma raccorciata, agli effetti pittorici
e dinamici del barocco, anzi che interpretando il michelangio-
lismo secondo i suoi fondamentali principî. La personalità del
pittore, in questa come nelle grandi figure d’Evangelisti della
cattedrale pisana, si esprime soprattutto nella forza dei con-
trasti d’ombra a luce: il cespo nero della chioma sulla bian-
chezza del terreno abbagliato; il profilo notturno sul bronzo
splendente del braccio; lo sprizzo dei raggi di sole fra le dita
della mano tenebrosa; la scintilla sul margine dell’orecchio o-
scuro. In questa figura, egli accentra tutta la forza dei risalti
luministici, mentre nella donna con bimbo ci presenta ancora
il modulo perfetto di un’eleganza lineare d’antica tradizione
senese, in armonia con l’evanescente chiaroscuro: insieme, i
labili contorni e il chiaroscuro velato esprimono la liberazione
della forma dalla legge di gravità. Stonano con queste grandi
figure illuminate le altre dietro la dama e dietro il divincolato
Mosè, vacue e lustre accademie, che, per inerzia, escono dal mo-
vimentato effetto scenografico del paese e dei principali attori.
L’eco di forme nordiche si sente, per quanto confuso, nella fi-
gura della donna, di una beltà fantastica e preziosa sotto la veste
acquea, e specialmente in quella del fantomatico Mosè, la cui
sciarpa ritorta par indurita dal gelo e le pieghe della tunica soli-
dificate dn diaccioli; ma più si sente nell’altra storia del Pro-
feta (fig. 277), il Castigo del fuoco celeste, dove tutte le imma-
gini, anche le turgide accademie michelangiolesche alla Giulio
Romano, e il suolo sconvolto come mare in burrasca, e i tronchi
spettrali, accesi dal riverbero delle fiamme, ugualmente concor-
rono a comporre una fiabesca scenografia. "Tra i marosi del suolo
fuggono in distanza figure, modellate talora con impeto preber-